modalità d'esame

per tutti gli studenti che dovranno sostenere l'esame di
Filosofia del Linguaggio mod.B a.a. 2009/2010


si rende noto che

-Il numero di battute dei propri elaborati dovrà essere compreso tra 14000 e 16000

-Bisognerà postare i propri lavori 14 giorni prima dell'appello scelto per sostenere l'esame

l'indirizzo e-mail a cui chiedere l'autorizzazione per postare è:
foucaultbarthes0910@gmail.com

per non avere problemi con le autorizzazioni si invita gli studenti ad utilizzare un indirizzo gmail per inoltrare le proprie richieste
Gli studenti che hanno usato il proprio account @mondoailati.unical.it per postare su altri blog relativi agli esami di Informatica, sono pregati di creare COMUNQUE un nuovo account

Programma d'esame

cicli: 07 e precedenti
A partire dalla sessione di giugno 2010 il programma d'esame consiste nello studio di:
-M.P. Pozzato, Semiotica del testo, Carocci
-Barthes, Variazioni sulla scrittura-Il piacere del testo, Einaudi
-Foucault, Ordine del discorso
e nella stesura di un elaborato da postare sul blog

giovedì 9 dicembre 2010

Le procedure che controllano il discorso.


Ad occuparsi delle procedure del discorso è stato Paul Michel Foucault nel testo L’ordine del discorso.
Michel Foucault nasce nel 1926 a Poitiers e morì a Parigi nel 1984. I suoi primi interessi si concentrano sulla follia, sulla malattia e come queste si sono costituite come oggetto di scienza (psicopatologia, medicina clinica), analizza i luoghi di internamento in cui si istaura il rapporto tra medico e paziente. Egli segue il percorso che la medicina ha conseguito nel processo di conoscenza del corpo umano, della malattia, della salute e della morte.
Tra le sue opere più famose vi è Storia della follia nell'età classica (1961) e Nascita della clinica (1963).
Foucault ha influenze culturali dalla fenomenologia soprattutto da quella di Merleau-Ponty, dalla psicologia e dalla psicoanalisi sviluppata tra gli altri da Binswanger e l’epistemologia di Canguilmem.
Foucault fu influenzato in seguito dallo strutturalismo senza mai aderirvi totalmente.
Egli inoltre affronta il concetto di episteme delle varie epoche storiche. Per l’autore le varie epoche sono caratterizzate da varie episteme (scienza) in cui operano i saperi e regole inconsce.
Il passaggio da un episteme all’altro non è dettato dal progresso, ma avviene per salti e quindi non risulta spiegabile. Nell'opera Le parole e le cose. Un'archeologia delle scienze umane (1966) l’autore ritiene che il filosofo Kant sia colui che ha realizzato la definitiva chiusura dall’episteme classica e l’emergere di quelle nuove empiricità quali la vita, il lavoro e il linguaggio. Kant compie all’interno della filosofia la cosiddetta rivoluzione copernicana passando da una ragione esterna al soggetto (cosmica per Platone) ad una ragione soggettiva, egli sostituisce quindi all’idea classica già enunciata una dipendenza dell’oggetto al soggetto. La critica kantiana permette di interrogarci sui limiti e il fondamento della rappresentazione, si pone con tale filosofo la questione dei rapporti tra ambito dell’empiricità e il fondamento trascendentale della conoscenza, al quale centro si pone sempre il soggetto che riflette imponendo loro i contenuti e l’esperienza. Come si nota proprio con Kant il soggetto uomo è collocato a fondamento di tutte le positività, diventando partendo proprio dalla sua finitudine, la condizione di possibilità della conoscenza. Kant inaugura la “soglia della modernità” come sostiene Foucault, destinata a restare ancorata all’essere umano, in cui il trascendentale e l’empirico si richiamano e s’invertono.
Foucault sostiene che è possibile pensare “solamente entro il vuoto dell'uomo scomparso” con spazio non intende solo un’unità che va riempita, ma uno spazio nuovo entro cui pensare. Nietzsche è colui che ha annunciato la morte dell’uomo dal momento che Dio e l’uomo si appartengono a vicenda, definendo cosi un punto nuovo di partenza per la filosofia contemporanea.
Il testo L’ordine del discorso già precedentemente citato, rappresenta la lezione inaugurale pronunciata il 2 dicembre del 1970 al Collège de France. Proprio in questo stesso anno Foucault ricevette la nomina di professore di storia dei sistemi di pensiero, la più prestigiosa istituzione culturale francese, diventando cosi un filosofo di capitale importanza nel panorama internazionale.

“Signor amministratore, miei cari colleghi, sono trascorsi quasi due anni da quando Jean Hyppolite aveva reso partecipi molti di noi, per altro pubblicamente, di un progetto rispetto al quale gli avevo dato il mio pieno consenso. Il destino ha voluto che oggi fossi solo, e proprio nell’occasione della sua morte, a riprenderlo, proponendovi di creare una cattedra di Storia dei sistemi di pensiero.” (pag. 51)

Il nucleo originario del collegè nel quale Foucault insegna risale al 1530, ad istituirlo Francesco I su progetto di Guillaume Budè. La nuova istituzione incontrerà l’opposizione della Sorbonne, visto che il collegè avrà l’esplicita funzione di incunearsi nel sistema delle facoltà delle Università di Parigi, rompendo il monopolio della lingua e di una corporazione. L’istituzione del Collegium è dotata poco più di una cinquantina di cattedre, nel momento in cui una cattedra si rende vacante è l’Assemblea dei professori a decidere i candidati tra i quali il ministero dovrà scegliere per mezzo del decreto presidenziale.
Il collegè come sostenuto da P. Valery ad un ufficiale tedesco è il luogo “in cui la parola è libera” e “coraggio e verità” proferita davanti al potere, questo segnerà un avventura straordinaria per Foucault. Egli si è mostrato modesto nel definire il suo lavoro come una serie “di piste di ricerca, di idee, di schemi, di linee generali” messi a disposizione a chi volesse applicarli o metterli alla prova in altre ricerche.
All’ordine del discorso sono stati dedicati dagli esordi a circa tredici anni di ricerca e lavoro che mostrano strumenti e materiali che proiettano in una nuova dimensione della ricerca.
Tra i temi dell’opera vi è quello della volontà di verità, restituire al discorso il carattere d’evento e infine toglier via la sovranità del significante. Nel testo l’autore pone una complessa riflessione sul potere, sulla costituzione del soggetto moderno e della corporeità. Viene ripreso ancora una volta Canguilhem nel dualismo tra normale e a-normale che regola i sistemi di pensiero della società occidentale. Foucault fa riferimento a Nietzeche definito “filosofo del potere”, egli ha il merito di aver mostrato che ogni discorso insita in sé la volontà di potenza. Ed è Nietzsche ad aver indicato nella genealogia il metodo che permette di individuare i modi in cui i discorsi si generano e scompaiono. Foucault sostiene “ogni società ha il suo proprio ordine della verità, la sua politica generale della verità: essa accetta cioè determinati discorsi, che fa funzionare come veri”. Egli mette in evidenza come sapere e potere siano inseparabili: l’esercizio del potere genera nuove forme di sapere e quest’ultimo al contrario porta effetti sul potere. Per potere Foucault non intende quello che emana un sovrano che genera leggi positive, ma un potere che opera tramite meccanismi anonimi in ogni anfratto della società. Il potere come viene presentato dall’autore è un insieme di rapporti di forza, diffusi localmente. Il potere attua selezioni e interdizioni, impedendo cosi il libero proliferare dei discorsi e originando una società disciplinare che trova espressione in istituzioni come il carcere, l’ospedale, l’esercito, la scuola, dove vengono applicate strategie di controllo del corpo, sanzioni ed esami. Il potere ha il compito positivo di produrre nuovi ambiti di sapere e verità.
Tra le procedure in questione la più evidente è l’interdetto. Sappiamo bene di non avere il diritto di dir tutto, che dobbiamo tener conto delle circostanze. Gli interdetti che colpiscono il discorso rivelano il suo legame con il desiderio e con il potere.
La seconda procedura d’esclusione è la follia. L’autore ha analizzato le forme di credulità che circondano i folli fin dai tempi più remoti, il modo in cui vengono rappresentati nel teatro e nelle opere letterarie. Foucault ha cercato di capire nei suoi studi in che modo i folli fossero riconosciuti, esclusi e internati (in base a quali criteri). Egli ha definito entro quale reticolo istituzionale e di pratiche il folle si trovasse imprigionato. La follia rappresenta una separazione tra gli individui, questa esclusione possiede i suoi criteri, i riti e le sue sanzioni. In seguito interviene la medicina per spiegare e giustificare questa separazione. Nel medioevo il folle era colui che non era come gli altri, la sua parola veniva considerata come nulla e senza effetto, a volte ai folli attribuivano poteri particolari, quello di dire una verità nascosta, di predire il futuro. Il discorso del folle era come una sorta di rumore non avendo un nesso con la ragione, la parola gli veniva concessa solo simbolicamente. Oggi questa partizione agisce secondo linee diverse, attraverso nuove istituzioni e con effetti che non sono affatto gli stessi. Proprio sotto questa luce Foucault inizia a profilarsi un nuovo oggetto di sapere investito all’interno di sistemi complesso di istituzione.
Terza procedura è quella del vero contro falso alla quale l’autore si dedica maggiormente. Questa procedura può anche non essere considerata tale perché a differenza delle altre la costrizione della verità non è né arbitraria, né modificabile, né violenta. Ma se spostiamo su la questione di sapere quale è stata, la volontà di verità che ha attraversato la nostra storia, questa partizione regge la nostra volontà di sapere, da questo punto di vista può essere inserita nel sistema d’esclusione. E’ una partizione quindi legata alla storia. Già nei poeti del VI secolo bisognava sottomettersi al discorso vero pronunciato da chi di diritto. Un secolo più tardi la verità si sposta su quello che il discorso diceva. Si deve al periodo tra Esiodo e Platone la spartizione tra vero e falso. E’ come se a partire da questa spartizione la volontà di sapere avesse la propria storia. Come gli altri sistemi d’esclusione anche questo poggia su supporto istituzionale, questo esercita sugli altri discorsi una sorta di pressione e quasi un potere di costrizione.
Foucalt distingue un gruppo di procedure interne ai discorsi stessi che vogliono padroneggiare la dimensione dell’evento.
Primo tra tutti il commento. Nella nostra società esistono discorsi che “si dicono” che passano con l’atto stesso di pronunciarli e discorsi che “sono detti” e che sono all’origine di atti nuovi (testi religiosi, giuridici). Il testo primario consente di costruire discorsi nuovi, il commento ha come ruolo di dire per la prima volta quello che era gia stato detto e ripetere ciò che non è stato detto. Esso consente di dire qualcosa di diverso dal testo stesso, ma deve pur sempre partire da un testo.
L’autore è un altro tra i principi di rarefazione che è complementare al primo. L’autore è considerato come raggruppamento dei discorsi, come fulcro di coerenza. Questo principio non viene adoperato in tutti i campi (ad esempio nelle ricette) ma di regola nella scienza, nella filosofia, nella letteratura. Nel medioevo l’autore era indispensabile in quanto costituiva fonte di verità: “Ma lei sta parlando dell’autore, come la critica lo reinventa a cose fatte, quanto la morte è venuta e non rimane che una massa ingarbugliata di scartafacci; bisogna pur, allora, rimettere un po’ di ordine in tutto questo; immaginare un progetto, una coerenza, una tematica che si chiedono alla coscienza o alla vita di un autore, effettivamente forse un po’ fittizio. Ma questo non impedisce che vi sia ben esistito, quest’autore reale, quest’uomo che ha fatto irruzione tra tutte le parole usate, portando in esse il suo genio o il suo disordine”. (pg 14- 15)
Altro principio di limitazione è la disciplina. Questa si oppone al principio del commento e dell’autore. Si differenzia dall’autore perché la disciplina è un sistema di tecniche e metodi che costituisce una sorte di sistema anonimo, senza che il senso o la validità sia stata legata al possibile inventore. Si differenzia dal commento perché ogni disciplina deve creare nuovi enunciati.
Foucault descrive un terzo gruppo di procedure che consentono di controllare i discorsi e di determinarne le condizioni della nostra messa in opera. Rarefazione che riguarda i soggetti che devono essere qualificati per poter entrare nell’ordine del discorso. Vi sono discorsi che sono aperti e accessibili a tutti e altre regioni che non sono egualmente penetrabili. L’autore riporta un aneddoto quello dello shogun (nel XVII) che avevo sentito dire che la superiorità europea risiedesse nella matematica. Cosi apprese questo sapere grazie ad un marinaio inglese Will Adams che aveva appreso la geometria da autodidatta. Solo nel XIV secolo vi furono matematici giapponesi. Lo scambio e la comunicazione sono figure positive che operano in un sistema complesso, la forma più visibile di restrizione si può raggruppare sotto il nome di rituale, questo definisce il comportamento, i gesti, le circostanze e i segni che devono accompagnare un discorso (es. quelli religiosi, giudiziari e terapeutici non possono essere dissociati a questa utilizzazione di rituale).
Di funzionamento in parte diverso ci sono le “società di discorso” che proteggono i discorsi e li fanno circolare in uno spazio chiuso.
Le dottrine sembrerebbero l’opposto delle “società di discorso”. La dottrina tende a diffondersi e unicamente mettendo in comune un solo insieme di discorsi, lega gli individui tra di loro e differenziarli per questo da tutti gli altri.
Si parla infine di appropriazione sociale dei discorsi. L’educazione è lo strumento con il quale l’individuo in una società può accedere a qualsiasi discorso, ma tenendo presente ciò ch’essa permette e ciò che vieta.
Foucault rintraccia alcune esigenze di metodo. Queste quattro devono servire da principio regolativi alla analisi: quella dell’evento, quella di serie, quella di regolarità, quella di condizioni di possibilità.
Il primo principio è quello di rovesciamento: quelle figure che secondo la tradizione sembrano svolgere un ruolo positivo (autore, disciplina, volontà di verità) bisogna riconoscerne anche il ruolo negativo.
Altro principio è quello di discontinuità: il fatto che ci siano sistemi di rarefazione non vuol dire che sotto di essi possa regnare un discorso illimitato. I discorsi devono essere trattati come pratiche discontinue, si possono incrociare, affiancare e talvolta anche ignorare e escludere.
Il principio di specificità: il mondo non è complice della nostra conoscenza, ma dobbiamo concepire il discorso come una violenza che facciamo alle cose e proprio in questa pratica trovano la propria regolarità.
Quarto principio è l’esteriorità: si deve partire dal discorso stesso per arrivare alle sue condizioni esterne di possibilità.



Alessandra Pellegrino,
Matricola: 114294



sabato 4 dicembre 2010

La follia

La seguente relazione tratterà il tema della follia,un argomento trattato in molti ambiti(arte,letteratura,ecc...).Ad interessarsi a questo argomento fu anche Michelle Foucault il quale nel suo scritto intitolato“L’ordine del discorso”(che è il testo della lezione inaugurale al College de france)ci parla dell’importanza del discorso in quanto espressione della realtà e di come il discorso sia un mezzo per ottenere e/o esercitare il potere;di conseguenza a ciò esso dovrebbe essere nelle corde di chi possiede la ragione.Foucault afferma che, lungi dal divenire erroneo,il discorso può e deve essere pronunciato solo in determinate circostanze e nei termini appropriati, inoltre non deve risultare un enunciato infelice. Perchè questo avvenga,egli, stabilisce delle procedure d’esclusione, queste sono: l’interdetto, la partizione della follia e la volontà di verità. Qui mi occuperò appunto della partizione della follia. Al folle è interdetta la circolazione del discorso e le sue parole sono inefficaci in quanto non contengono nè verità nè importanza.

Nel corso dei millenni il concetto di follia è profondamente cambiato ed anche la sua interpretazione in quanto la definizione definizione della follia è influenzata dal momento storico, dalla cultura, dalle convenzioni , quindi è possibile considerare folle qualcosa o qualcuno che prima era normale, e viceversa; tenendo ben presente che la Il folle sin dalle diverse epoche ha avuto varie attribuzioni, possiamo notare che gli antichi greci avevano due accezioni del concetto di folle: nella prima accezione era una forma di pazzia dovuta all’umana debolezza; nella seconda era considerata di origine divina e consisteva in un entusiasmo o furore ispirato;inoltre nella letteratura classica greca la follia era determinata dalle divinità, per possessione estatica o come punizione per delitti o colpe; nel Medioevo invece la sua figura era vista nelle molteplici controfigure carnevalesche e popolari volta a testimoniare una verità nascosta ed inaccettabile, inoltre la follia era interpretata come il frutto di una possessione di origine magica, astrologica, amorosa o demoniaca. Un'interpretazione completamente opposta si ebbe nel Rinascimento, in questa epoca il folle venne considerato una persona diversa, sia per i valori sia per la sua filosofia di vita, e quindi andava rispettato, lasciato liber. La massia espressione di questa concezione ci viene data da Erasmo da Rotterdam e il suo testo”Elogio della follia”.

Si tratta di un’opera molto originale in cui il tema è affrontato con toni ironici e persuasivi,lo scopo dell’auotore era quello di sostenere che la follia sarebbe la vera dominatrice dell’intera civiltà ma anche dell’esistenza di ciascun uomo, sia egli un ecclesiastico o un laico, un saggio o un ignorante, un potente o un umile. Egli ce la rappresenta come una dea in vesti di donna che sarebbe infatti all’origine di ogni bene sia per l’umanità, sia per gli stessi dèi che riceverebbero al pari dei mortali i suoi doni: “io, io sola sono a tutti prodiga di tutto”. Ugualmente la tenuta dei rapporti sociali, e quindi l’esistenza stessa della società, dipendono dall’ausilio della follia. Ma più di tutto la follia rappresenta l’unica guida per accedere alla vera sapienza: poiché infatti tutte le passioni, tutti gli umani errori e tutte le umane debolezze, rientrano nella sfera della follia, saggio è colui che si lascia guidare dalle passioni.

Qualsiasi cosa dicano di me i mortali - non ignoro, infatti, quanto la Follia sia portata per bocca anche dai più folli - tuttavia, ecco qui la prova decisiva che io, io sola, dico, ho il dono di rallegrare gli Dèi e gli uomini”

Erasmo da Rotterdam.

Durante L’Umanesimo il folle veniva visto attraverso uno sguardo eccentrico e rilevatore cui rivolgersi in cerca di un senso delle cose. Dall’ottocento in poi emerse la visione del folle come “macchina rotta” cioè lesionata nel cervello. Nel novecento lo studio della malattia mentale dell’uomo ha raggiunto il suo massimo splendore e la psichiatria degli ultimi secoli attribuisce la follia ad una macchina non più efficiente, non più integrata nel suo ambiente, non più in grado di dar vita a valori sociali ed economici , si inizia a dare dignità di senso al folle in quanto le sue parole diventano espressione di una sua verità. Tutto ciò che vale per il discorso fisiologico, del soggetto che possiede la ragione, vale a dire provenienza, verità, e contenuti, valgono anche per i discorsi del folle che possiede comunque una sua verità ed un suo contenuto. Anche il folle struttura un suo discorso con delle procedure che pur essendo patologiche, rispondono comunque alla sua logica.

L’autore analizza il discorso attraverso l’uso dello stesso nei tempi passati: Socrate e Platone come discorso “vero” espressione della realtà percepita e discorso “falso” come espressione dell’idea; nel sedicesimo e diciassettesimo secolo discorso come espressione degli eventi naturali e della volontà di sapere; nel diciannovesimo secolo discorso come espressione della sintesi tra esperienza e conoscenza. L’autore riferisce, inoltre, di dovere molto alla filosofia di J. Hyppolite il quale a sua volta aveva attualizzato la teoria filosofica di Hegel affermando che la filosofia era inaccessibile come pensiero totalitario, ma comunque ripetibile, pur nella irregolarità dell’esperienza dando dignità di logica anche alla psicoanalisi, espressione della variabilità dell’individuo.
L’autore nel suo lavoro ”Storia della follia nell’età classica” ha ben evidenziato non tanto le conoscenze mediche intorno al folle come malato, ma le opinioni e le credenze intorno ai folli sia come persone emarginate della società che come personaggi nel teatro o nella letteratura. Ha inoltre messo in evidenza tutta le rete istituzionale intorno alla figura del folle in quanto paziente.

J. Vuillemin analizza il pensiero di Foucault in due relazioni: la prima nel 1969 in vista dell’assegnazione della cattedra di Storia dei Sistemi di Pensiero e la seconda nel 1970, mettendo in evidenza l’importanza di Foucault sia come autore filosofico che come teorico della dignità della follia. La relazione tra L’ordine del discorso e la follia consiste nel fatto che così come il folle nelle sue espressioni segue un proprio filo logico, che è vero in quanto suo, così il discorso del saggio vive di vita propria anche dopo che è stato espresso. Nel tentativo di comprendere tali teorie dobbiamo ricordare che la psichiatria, negli anni in cui scrive Foucault sta cambiando e che ciò porterà in Italia alla legge Basaglia del 1978. La chiusura dei manicomi e la restituzione di dignità di paziente al oggetto psichiatrico farà sì che non si tratterà più di un “folle” ma di un soggetto debole, con una precisa patologia medica. Foucault supera il concetto Cartesiano del “Cogito Ergo Sum” (penso dunque sono) eliminando il soggetto e conservandone i pensieri; ciò sta alla base dell’importanza del discorso come espressione della natura umana e come entità che vive di vita propria.

Oltre “Elogia della follia” di Erasmo da Rotterdam nella letteratura resta memorabile il romanzo della schizofrenia di “Don Chisciotte della Mancia” di Cervantes. La psichiatria è un tema che inoltre in tempi moderni ha influenzato spesso la storia del cinema. La tecnica cinematografica, fatta solo di immagini, riesce bene a rappresentare direttamente molteplici aspetti della psiche umana. Un esempio di film che trattano questi temi sono,Follia” film di David Mackenzie girato in Irlanda nel 2005. Follia non è semplicemente una storia d’amore, è quella di un’ossessione d’amore che dà le vertigini, e ancora, quella di un’ingiustizia sociale: il potere psichiatrico di classificare un individuo e diagnosticare misteriose malattie mentali, rischiando di ridurre il paziente a qualcosa di meno di un essere umano.

Un altro film famoso che tratta del tema della follia e dei manicomi è: “Qualcuno volò sul nido del cuculo” di Milos Forman uscito nel 1975 e tratto dall’omonimo romanzo di Ken Kesey l'autore scrisse il libro in seguito alla propria esperienza da volontario all'interno del «Veterans Administration Hospital». Il film denuncia in maniera drammatica il trattamento inumano cui sono sottoposti i pazienti ospitati nelle strutture ospedaliere statali, verso cui vige un atteggiamento discriminatorio alimentato dalla paura dell'aggressività dell'alienato mentale. Nel film, la pazzia è vista come un "non luogo", come un qualcosa che il protagonista ha dentro di sé e vuole portar fuori, quasi a voler dire che in fondo una certa dose di pazzia è insita in ogni uomo, anche in chi non viene ricoverato in manicomio. Emerge quindi una visione relativista del concetto di follia, tanto che durante il film può nascere il dubbio se nel manicomio i veri malati siano proprio i pazienti, e non gli infermieri e i medici che li curano e che hanno anche loro i propri problemi psicologici, più o meno visibili. Si crea quindi un contesto in cui l'idea di normalità perde notevolmente significato.

Molte volte la pazzia è stata in strettissima relazione con l'arte, quasi l'ha promossa. Nei Ritratti di alienati Géricault conduce, attraverso la pittura, un'indagine scientifica sulla follia. Si tratta di dieci tele raffiguranti dieci malati di mente.Il perchè di questi soggetti è che queste opere furono commissionate da un dottor. psicoanalista, amico di Gericault, di nome Etienne Jean Georgette, che era uno studioso di malattie mentali che voleva pubblicare un libro su questo argomento e i ritratti di Gericault gli sarebbero serviti come illustrazioni.

Gli alienati è una denuncia contro l'emarginazione dei malati mentali contro la quale si battevano anche alcuni scienziati che per primi considerano questi malati come esseri umani bisognosi di cure.
Gli "alienati" sono visti come personaggi misteriosi, che incuriosiscono, colpiscono per le facce e le espressioni intense, così caratteristiche e molto particolari, ma allo stesso tempo, profondamente umane.

Per concludere nella postfazione dell’ “Ordine del discorso” di Michel Foucault fatta da Mauro Bertoni si mette in evidenza come Foucault conferisca al discorso importanza in quanto ente a se stante indipendente dal soggetto che lo proferisce.Inoltre Bertoni mette in evidenza come Foucault riesca a mettere in relazione la filosofia classica con quella moderna utilizzando come escamotage proprio la figura del folle nel tempo e attualizzandone l’importanza: il folle per eccellenza è colui che esprime un discorso apparentemente privo di logica e di verità, ma che vive di vita propria essendo pensiero puro, distaccato dall’uomo in quanto egli, in questo caso, è un soggetto “malato”.

Denise Di Matteo

Matric. 114410

Ciclo 07 FSCC