Il potere delle parole:
L’esercizio del potere,soprattutto nella società moderna, è sempre più raggiunto attraverso il linguaggio. Le parole incidono sulla realtà, la modificano. Il linguaggio è un fenomeno sociale che ha degli effetti sulla società,quindi va anche considerato come azione semantico-persuasiva. Ad interessarsi di questo argomento è anche Michel Foucault il quale nel discorso inaugurale del College de France, tenta di spiegarci come nella nostra società vengano esercitati poteri di controllo nei confronti del discorso in particolar modo da parte delle autorità. L'ipotesi che egli avanza è la seguente: “suppongo che in ogni società la produzione del discorso è insieme controllata, selezionata, organizzata e distribuita tramite un certo numero di procedure che hanno la funzione di scongiurare i poteri e i pericoli, di padroneggiare l'evento aleatorio, di schivarne la pesante, temibile materialità”.
A partire da qui individua e cerca di analizzare le modalità in cui le varie autorità controllano la produzione testuale e nello specifico individua tre differenti categorie: le procedure d’esclusione, le procedure d’ordinamento-limitazione e le procedure che determinano regole d’accesso al discorso. Per quanto riguarda le procedure d’esclusione, egli ne riconosce tre:
· L’interdizione;
· La partizione della follia;
· La volontà di verità;
L’interdizione si riferisce alla censura e all’autocensura; come sappiamo nella nostra società non si può parlare di qualsiasi cosa e le regioni in cui l’interdetto è più fitto sono la sessualità e la politica; per quanto riguarda la partizione della follia essa fa riferimento ai discorsi dei folli ritenuti irrilevanti; Il terzo tipo di procedura di esclusione è la volontà di verità. Nella Grecia del VI secolo il discorso vero era quello pronunciato da chi si occupava di giustizia ed era il discorso di chi regnava e cui tutti dovevano sottomettersi. Con gli anni la verità non risiedeva più in quel che il discorso era ma nell’enunciato stesso,in ciò che esso diceva. Le procedure di controllo citate fin’ora sono quelle che agiscono dall’esterno e riguardano la parte del discorso che mette in gioco il potere e il desiderio, ma Foucault ci parla anche di procedure interne cioè esercitate dal discorso stesso per classificare, ordinare, padroneggiare la dimensione del discorso come evento. Abbiamo perciò il commento il quale da una parte ci dice ciò che era stato già detto,e dall’altra da vita ad un nuovo discorso. Esso dunque crea una sfasatura tra il testo originale e quello ripetuto. Poi abbiamo la limitazione da parte dell’autore,dobbiamo però specificare che cosa intende Foucault per autore:per lui l’autore non è l’individuo parlante che ha scritto o pronunciato il testo, ma un principio di raggruppamento dei discorsi. L’autore da al testo ordine ed unità.
Infine abbiamo il terzo tipo di procedura che appartiene alle discipline:la disciplina rappresenta un principio di limitazione perché è la somma di tutto ciò che può essere vero a proposito di qualcosa.
Esiste poi un terzo gruppo di procedure di controllo, di esso fa parte il rituale che si riferisce alla qualificazione che deve possedere l’individuo parlante e i gesti e i comportamenti che deve attuare.Infine abbiamo l’appropriazione sociale dei discorsi, nello specifico l’autore ci parla dell’educazione definendola come “lo strumento grazie al quale ogni individuo, in una società come la nostra, può accedere a qualsiasi tipo di discorso”.Infatti in ogni società è proprio attraverso l’insegnamento che si formano i cittadini,quindi un’educazione troppo manipolata dal potere politico formerà una classe politica e sociale con i paraocchi,inconsapevole delle altre possibilità di scelta. Potremmo accostare queste idee di Foucault al concetto di violenza semiotica di cui ci parla Bourdieu,sociologo, ma anche antropologo, filosofo e sostenitore del movimento anti-globalizzazione. Vi è "violenza simbolica" secondo Pierre Bourdieu quando al soggetto vengono imposte le struture mentali attraverso le quali egli percepisce il mondo sia sociale che intellettuale. Si tratta di una violenza dolce che si esercita con la complicità della coscienza di chi la subisce ed è sempre grazie a questa sorta di complicità e di consenso che la violenza o se vogliamo l'ordine si impongono. Infatti noi tutti sappiamo che il consenso è il fatto di essere d' accordo su un qualcosa e per quanto riguarda la nozione di violenza simbolica il consenso si riferisce al codice di comunicazione. La comunicazione avviene sempre tra due o più locutori e fa sì che essi associno lo stesso senso allo stesso segno, e lo stesso segno allo stesso,perciò il linguaggio è un medium di comunicazione; perciò la dominazione all' interno di una società si compie sulla base di un codice comune ovvero sulla base del linguaggio. Secondo lo studioso Fairclough si possono individuare tre tipi di meccanismi di esercizio del potere
tramite consenso che coinvolgono i discorsi e il linguaggio, e che producono un cambiamento e se vogliamo anche un’influenza nel sapere, nelle credenze, nelle relazioni sociali, ecc... Abbiamo innanzi tutto l’adozione di pratiche e discorsi universalmente accettati e seguiti poichè nessuna alternativa possibile sembra concepibile, immaginabile; poi abbiamo l’imposizione di pratiche attraverso un esercizio del potere ‘nascosto’ quindi non esplicito; infine abbiamo l’adozione di pratiche che vengono adottate attraverso un processo di comunicazione razionale e di dibattito quindi stiamo parlando dell’atto stesso di comunicare.
Questi tre meccanismi sono tutti esercitati nella società contemporanea ed inculcano nelle persone delle categorie di percezione, di apprezzamento, di valutazione, e allo stesso tempo dei principi di azione sui quali si basano le azioni e gli ordini simbolici. Nelle nostre società la violenza simbolica di cui ci parla Bourdieu viene messa in atto in particolar modo dal sistema scolastico;difatti è sui ragazzi che, con l'arbitrio culturale imposto dalla violenza simbolica, si realizza una tacita e invisibile mutilazione della loro coscienza. Il sistema educativo, come altre istanze,(ad esempio le istanze statuali, ecc...) esercita sulle persone che gli sono affidate delle forme di violenza che consistono nell' imporre, per esempio, certe categorie del pensiero.A tal proposito Foucault dice:”La disciplina è il meccanismo di potere con cui riusciamo a controllare gli elementi più sottili del corpo sociale, a raggiungere gli stessi atomi sociali, cioè gli individui. Tecniche di individualizzazione del potere. Come sorvegliare qualcuno, come controllarne la condotta, il comportamento, le attitudini, come intensificare la sua prestazione, moltiplicare le sue capacità, come collocarlo nel posto in cui sarà più utile”. La violenza pedagogica insomma consiste nell' imporre dei saperi, delle conoscenze che si pensano come universali,determinati concetti e persino precise modalità di comportamento. Nelle nostre società il sistema scolastico è uno dei luoghi dove si trasmettono le forme di classificazione, i princìpi classificatori, le tassonomie e i concetti che usiamo per ecc... E queste tassonomie diventano delle strutture mentali attraverso le quali noi percepiamo il mondo intellettuale ma anche il mondo sociale. Questa è la violenza simbolica: vale a dire l'inculcazione di forme mentali, di strutture mentali arbitrarie.
A tal proposito mi sembra opportuno accennare al rapporto tra l’educazione e l’istruzione e i vari regimi totalitaristi. Nei regimi ad essere presa di mira è sempre la scuola o comunque gli enti di istruzione istituzionalizzati in generale;attraverso di essi si cercava di infondere nei giovani determinate idee. Particolari strutture linguistiche vengono messe in atto anche dai vari despoti, basti pensare alle “tecniche” utilizzate per incutere timore e per sottomettere il popolo quali un tono della voce molto fermo ed alto, una postura severa,l’utilizzo di “parole ad effetto”, parole “forti”, ecc... Il potere risiede quindi nel fatto che il portavoce agisce su altri agenti attraverso le parole, ma egli ha bisogno della collaborazione di coloro che esso governa e questa collaborazione viene la si ottiene attraverso le istituzioni sociali che hanno la capacità di produrre complicità. Inoltre occorre dire che ciò che caratterizza il rapporto del discorso con le relazioni di potere è il suo essere opaco. Ovvero, non è così chiaro che nel processo di mediazione, di comunicazione, si da vita all’esercizio di potere. Quest’ultimo è sempre un potere “nascosto” in quanto non reso esplicito, di cui la maggior parte delle persone non sono consapevoli. A tal proposito Pierre Bourdieu affermava:“è perché i soggetti […] non sanno cosa stanno facendo, quel che fanno ha più significato di quanto sanno”. Questa opacità, questo essere nascosto lo riscontriamo anche nei media: chi narra l’evento può omettere o evidenziare un aspetto piuttosto che un altro, può lasciare ad intendere piuttosto che dichiarare esplicitamente le relazioni tra oggetti, fatti e persone, ecc...
Concludo questa mia relazione con una citazione di Reboul: “Come per la magia, le parole non hanno un senso, hanno un potere; un potere che è inversamente proporzionale al loro senso.”