modalità d'esame

per tutti gli studenti che dovranno sostenere l'esame di
Filosofia del Linguaggio mod.B a.a. 2009/2010


si rende noto che

-Il numero di battute dei propri elaborati dovrà essere compreso tra 14000 e 16000

-Bisognerà postare i propri lavori 14 giorni prima dell'appello scelto per sostenere l'esame

l'indirizzo e-mail a cui chiedere l'autorizzazione per postare è:
foucaultbarthes0910@gmail.com

per non avere problemi con le autorizzazioni si invita gli studenti ad utilizzare un indirizzo gmail per inoltrare le proprie richieste
Gli studenti che hanno usato il proprio account @mondoailati.unical.it per postare su altri blog relativi agli esami di Informatica, sono pregati di creare COMUNQUE un nuovo account

Programma d'esame

cicli: 07 e precedenti
A partire dalla sessione di giugno 2010 il programma d'esame consiste nello studio di:
-M.P. Pozzato, Semiotica del testo, Carocci
-Barthes, Variazioni sulla scrittura-Il piacere del testo, Einaudi
-Foucault, Ordine del discorso
e nella stesura di un elaborato da postare sul blog

martedì 8 giugno 2010

michel foucault e il fascismo

L’analisi del discorso, la strategia che orienta la ricerca di Michel foucault (1926-1984) , muove dall’inquietudine suscitata dal proliferare dei discorsi nella cultura occidentale. Le procedure di controllo, selezione, organizzazione, distribuzione della produzione del discorso avrebbero infatti la “funzione di scongiurarne i poteri e i pericoli, di padroneggiarne l’evento aleatorio, di schivarne la pesante temibile materialità” (Foucault 1970, p. 12). All’inquietudine che suscita il proliferare dei discorsi risponde un insieme di condizionamenti, restrizioni, interdetti, procedure di legittimazione ed esclusione altrettanto inquietante, in quanto appare come il prodotto dalla volontà di verità che anima il costituirsi dei diversi ambiti del sapere con tutte le discipline, le istituzioni, i ruoli, le pratiche che vi si connettono (psichiatria, manicomio, medicina, clinica, diritto penale, prigione, archivio etc.).
In questa prospettiva la volontà di verità non appare solo arbitraria e contingente come altre procedure di interdetto, ma come l’ordine dissimulato che le regola tutte. Scrive Foucault: “credo insomma che questa volontà di verità, così sorretta da un supporto e da una distribuzione istituzionali, tenda ad esercitare sugli altri discorsi una sorta di pressione e quasi un potere di costrizione (Foucault 1970, p. 16). In breve, la questione alla quale l’analisi del discorso deve rispondere è la seguente: “in che modo, nelle società occidentali moderne, la produzione di discorsi cui si è attribuito un valore di verità è legata ai vari meccanismi ed istituzioni di potere?” (Foucault 1976, p. 8).
L’analisi del discorso intende mostrare l’ordine – mai semplice e univoco ma sempre differenziato e mobile – che presiede alla produzione dei discorsi, degli oggetti che questi suscitano, delle posizioni soggettive che vi si trovano implicate. È rivolta allo studio della funzione del discorso e non alla sua struttura considerata per se stessa e nemmeno all’identificazione del senso che nel discorso sarebbe celato. Ma soprattutto intende liberare la possibilità del discorso da tutte le istanze di controllo che lo orientano e regolano secondo il criterio della volontà di verità, escludendo quei discorsi che in qualche modo possono perturbare l’ordine costituito, destabilizzare le istanze di potere che l’organizzano a distanza. Per questo, l’analisi del discorso non si occupa solo dei testi considerati canonici, il cui oggetto è esplicitamente tematizzato da un autore e acquisito nell’ambito di un sapere riconosciuto, ma anche e soprattutto di documenti legali, repertori di casi, tabelle statistiche, regolamenti istituzionali, ovvero del discorso anonimo ma efficace in cui è possibile riconoscere il fascio di relazioni complesse e differenziate che lega la possibilità dei discorsi alle istanze di potere.
Non si può cogliere il senso e l’attualità dell’analisi del discorso proposta da Foucault se la si scioglie dalla sua portata politica, dallo spirito di emancipazione che la inquieta, dal lascito di cui si fa carico (in particolare, Nietzsche ). Con L’ordine del discorso (1970), Foucault propone una serie di principi ai quali ispirare l’analisi del discorso per una pratica flessibile: il rovesciamento, la discontinuità, la specificità e l’esteriorità.
Rovesciamento: riconoscere nel ruolo positivo tradizionalmente attribuito alle nozioni di autore, opera, disciplina, volontà di verità delle istanze di controllo e rarefazione del discorso; dei dispositivi che regolano il proliferare dei discorsi secondo limiti, ordine e misura riconoscibili.
Discontinuità: riconoscere che al di là delle istanze di controllo non vi è un discorso unico e semplice, da queste represso, ed al quale bisogna restituire la parola, così come non vi è un’unica istanza di potere che esercita il controllo da un’unica posizione e secondo un unico fine (in questo caso il riferimento critico è il marxismo, ed è proprio in quest’orizzonte che dagli anni Ottanta l’analisi del discorso troverà largo impiego negli studi culturali).
Specificità: il discorso non è semplice rispecchiamento della realtà ma la sua elaborazione. Dal tipo di elaborazione dipende l’integrazione del discorso in un certo ordine o la sua esclusione, la regolarità o rarità delle sue apparizioni in ambiti differenti o contigui.
Esteriorità: l’analisi non si rivolge al discorso quale semplice manifestazione di un significato, di un pensiero da interpretare, ma procede “verso le sue condizioni esterne di possibilità” (p. 30).
La ricerca ispirata a questi quattro principi opera secondo due prospettive diverse ma articolate fra loro: la critica e la genealogia. “Da una parte l’insieme critico che mette in opera il principio del rovesciamento: cercare di individuare le forme dell’esclusione, della limitazione, dell’appropriazione; mostrare come si sono elaborate, in risposta a quali bisogni, come si sono modificate e spostate, quale costrizione hanno effettivamente esercitato, in che misura sono state aggirate. D’altra parte, l’insieme genealogico che mette in opera gli altri tre principi: come si sono formate, attraverso, a dispetto o con l’appoggio di tali sistemi di costrizione, delle serie di discorsi; qual è stata la norma specifica di ciascuna, e quali sono state le loro condizioni di apparizione, di crescita, di variazione” .
L’analisi del discorso sembra offrire strumenti più raffinati per interpretare i fenomeni culturali legati alla contemporaneità: la specializzazione accademica con i suoi effetti di frammentazione e distorsione della diffusione culturale; la televisione quale forma di produzione e istanza di controllo della cultura popolare , e delle identità culturali all’epoca della globalizzazione ; le relazioni di potere che presiedono al discorso scientifico, con particolare attenzione all’affermarsi delle nuove tecnologie; il rinnovarsi delle forme di potere per il controllo dei nuovi media come internet.
Perché ordine del discorso? Aggiungere disordine alla "realtà" già fin troppo caotica viene ritenuto un errore e visto come un processo avanguardistico, lontano dalla normalità e dalla prassi che la società ci propina quotidianamente, anche mediante i sistemi di comunicazione. Non dimentichiamo che Foucault è l'ideatore del Panopticon, carcere di massima sicurezza poi successivamente costruito da Jeremy Bentham che lo descrive come "un nuovo modo per ottenere potere mentale sulla mente, in maniera e quantità mai vista"; a parte i riferimenti orwelliani sulla manipolazione della mente, Foucault traccia un sistema d'esclusione, una tripartizione: interdetto, follia, volontà di verità. Questa tripartizione pone le basi per un'autoregolamentazione del discorso. Non si può parlare di qualunque cosa in un dato ambiente e in una circostanza inappropriata. Quest'idea di Foucault poteva valere negli anni '70 e, in forma minore, persiste anche oggi. Ma dal 1999, da quando 200 milioni di utenti si connettono tra di loro, qualcosa è cambiato. Dalla nascita della rete web c'è una tendenza all'unità e non alla conformazione, ma al confronto e alla condivisione in un progressivo aumento di utenti. Internet (se usato bene) ci garantisce un'informazione oggettiva che in altri sistemi comunicativi ( televisione in primis) è vincolata proprio dall'interdetto di Foucault. Chi ha il potere gestisce il discorso e, quindi, anche l'informazione. "La differenza tra democrazia e dittatura e che in democrazia prima si vota e poi si prendono ordini; con la dittatura non c'è bisogno di perder tempo andando a votare", parole ciniche di Charles Bukowski. La società (almeno quella italiana) è divisa in due tronconi: da una parte ci sono quelli che si lasciano manipolare dal potere, che provano piacere nell'essere comandati, molto vicini all'idea del Panopticon; al contrario c'è una fetta di popolazione che si allontana sempre più da quello che è il potere oggi, che preferisce rimanere al di fuori dai circuiti di assoggettazione.
Ogni forma artistica in qualche modo "innovativa" è stata qualificata come sconfitta in partenza. Basti pensare all' Ulisse di James Joyce, che auspicava un slogamento del linguaggio basato sul flusso di coscienza, e ai commenti poco felici di George Moore: "Questa non è arte; e come cercare di copiare l'elenco telefonico di Londra." Ma in fondo cos'è il disordine in letteratura, se non la distruzione del flusso del discorso? Lo stesso flusso che Pierce definisce come "un filo di melodia che corre attraverso la successione delle nostre sensazioni". Oppure si pensi al cubismo di Picasso setacciato dai franchisti che desideravano meno astrazione e più aderenza alla realtà, dimenticando che arte e originalità vanno di pari passo.
Foucault sosteneva riguardo all'appropriazione sociale del discorso che ogni persona,grazie all'educazione,viene invitata a parlare di determinati discorsi(morali,politici,tecnici etc...) In passato la facoltà di discorso era riservata ad un èlite,ossia la classe dominante o economicamente più facoltosa (aristocrazia,alta borghesia) la quale usava il discorso come strumento di potere per controllare e asservire le masse. Questa situazione,tra alterne vicende,durò sino alla metà dell'800 quando Karl Marx con le sue opere mise seriamente in discussione il primato delle classi dominanti in favore delle masse popolari,dei proletari che sino ad allora erano state tenute in "silenzio" e per le quali Marx invece reclamava il diritto di parola e di conseguenza la partecipazione del proletariato alla gestione della cosa pubblica. Le teorie marxiste fecero sì che le classi popolari acquisissero coscienza del proprio ruolo e perciò rivendicassero diritti sempre maggiori. Nell'900 questa procedura si acuì portando nell'ambito politico e sociale un utilizzo sempre maggiore del discorso alle masse(il contatto diretto con la folla divenne caratteristica di tutti i fenomeni politici del XX sec. dal comunismo di Lenin al fascismo di Mussolini,dalla democrazia di Churchill al movimento di rivendicazione sociale di M. Luther King)facendo sì che ogni partito politico operasse in modo che la sua "voce"giungesse al popolo. Quest'ultimo,sicuro ormai della propria "idoneità" alla facoltà di parola,oltre che ai partiti di massa,ricorse per far sentire la propria "voce" a clamorosi movimenti di protesta quali il '68 ed il '77. Fondamentale per l'appropriazione del discorso è l'educazione poiché questa consente di apprendere determinate norme,determinati valori riconducibili alla morale della società e al sistema politico. Ad amplificare la facoltà di discorso concorsero nel secolo scorso i mezzi di comunicazione di massa quali il cinema,la radio,la stampa e la televisione. Specialmente la tv,oggi, è un esempio di come i mass media determinino l'appropriazione del discorso morale da parte di conduttori mediatici,di gente dello spettacolo,ora che i grandi partiti di massa non esistono più . Alcuni modelli,alcuni modi di pensare e di concepire l'esistenza rischiano di mettere a repentaglio le conquiste ottenute dai popoli a prezzo di dure lotte,in primis la facoltà di discorso,minacciata ora da fini materialistici quali il denaro e la fama.
Un esempio storico dell’ inquietudine suscitata dal proliferare dei discorsi nella cultura occidentale è sicuramente il fascismo .
Il capo indiscusso del fascismo Benito Mussolini era stato un giornalista prima di diventare il duce e conosceva bene il potere del discorso e capi l’importanza del suo controllo in tutti i settori a livello nazionale .
Verità e potere sono il binomio fondamentale dei più influenti movimenti politici che hanno scolpito la storia dell’umanità da quando l’uomo può averne testimonianza, attraverso il fissaggio della lingua in scrittura, attraverso il fissaggio del discorso. La produzione di quest’ultimo è così insita nella sua natura, da impossibilitare l’immaginazione di alcunché al di fuori della stessa realtà che influenza.
Durante il corso del Novecento, il mondo cadde sotto la stretta di poteri politici che seppero conquistare il proprio terreno oltre che con la paura, con la potenza comunicatrice dei loro messaggi, i quali coinvolsero l’opinione pubblica dell’epoca. Dai regimi totalitari e dittatoriali che, nella prima metà del secolo, per la loro bramosia di potere portarono il mondo a scontrarsi in due grandi guerre, che ebbero come risultato nient’altro che stragi di portata fino allora inimmaginabili, all’equilibrio del terrore dell’età atomica, la propaganda politica fu il pilastro fondamentale per la diffusione delle ideologie e per la ricerca dei consensi nella popolazione. Fu proprio attraverso il monopolio dei mezzi di comunicazione, quali la stampa, la radio e il cinema, che questi grandi movimenti politici diffusero i loro credi e proferirono i loro discorsi.La forza dei loro messaggi, unita al clima di terrore quasi velato di silenzio, contribuì enormemente ad accrescere la figura dei loro leader, e con la loro ascesa al potere il controllo completo fu nelle loro mani: controllo totale sulla vita di ogni singolo uomo, sulla loro ideologia politica, il loro credo religioso, i loro corpi, la loro morte. Un potere, che diventando istituzione, stabilì il proprio controllo anche sulla produzione del discorso.Le procedure d’esclusione analizzate da Foucault s’inseriscono perfettamente in questo quadro storico: esse poggiano su di un supporto istituzionale che influisce radicalmente sulla loro forza sfruttandole a suo vantaggio. L’influenza che i regimi totalitari ebbero sulla volontà di sapere è certamente un esempio di costrizione voluta e ben evidenziata, il cui modello si può ritrovare nella descrizione di Foucault circa la verità e l’importanza che il discorso assumeva, già nei poeti greci del VI secolo, quando ad enunciarlo era l'individuo avente diritto secondo il rituale richiesto. I propagandisti fascisti fecero ampio e largo uso degli strumenti scientifici e tecnologici più moderni del tempo, non solo la radio e il cinema, bensì anche la psicologia: di qui l’attenzione ai simboli, ai rituali, alle feste.
Per avere un riscontro concreto con quello che dice Foucault basti pensare alla censura fascista.
La censura fascista consistette nella forte limitazione della libertà di stampa,radiodiffusione, assemblea e della semplice libertà di espressione in pubblico, durante il ventennio (1922-1944), non venne creata dal regime fascista, e non termina con la fine di questo, ma ebbe una grande influenza nella vita degli italiani durante il regime.
I principali scopi di questa attività erano, in breve:
Controllo sull'immagine pubblica del regime, ottenuto anche con la cancellazione immediata di qualsiasi contenuto che potesse suscitare opposizione, sospetto, o dubbi sul fascismo.
Controllo costante dell'opinione pubblica come strumento di misurazione del consenso.
Creazione di archivi nazionali e locali nei quali ogni cittadino veniva catalogato e classificato a seconda delle sue idee, le sue abitudini, le sue relazioni d'amicizia e sessuali, e le sue eventuali situazioni e atti percepiti come vergognosi; in questo senso, la censura veniva usata come strumento per la creazione di uno stato di polizia.
La censura fascista combatteva ogni contenuto ideologico alieno al fascismo o disfattista dell'immagine nazionale, ed ogni altro lavoro o contenuto che potesse incoraggiare temi culturali considerati disturbanti.
Non essendo cambiata di molto ancora oggi la situazione in Italia ,dato che non c’è la presenza di editori puri come in grandi paesi come Inghilterra e Stati uniti ,solo Internet potrà darci la speranza di avere un domani , un informazione finalmente libera e disinteressata .