modalità d'esame

per tutti gli studenti che dovranno sostenere l'esame di
Filosofia del Linguaggio mod.B a.a. 2009/2010


si rende noto che

-Il numero di battute dei propri elaborati dovrà essere compreso tra 14000 e 16000

-Bisognerà postare i propri lavori 14 giorni prima dell'appello scelto per sostenere l'esame

l'indirizzo e-mail a cui chiedere l'autorizzazione per postare è:
foucaultbarthes0910@gmail.com

per non avere problemi con le autorizzazioni si invita gli studenti ad utilizzare un indirizzo gmail per inoltrare le proprie richieste
Gli studenti che hanno usato il proprio account @mondoailati.unical.it per postare su altri blog relativi agli esami di Informatica, sono pregati di creare COMUNQUE un nuovo account

Programma d'esame

cicli: 07 e precedenti
A partire dalla sessione di giugno 2010 il programma d'esame consiste nello studio di:
-M.P. Pozzato, Semiotica del testo, Carocci
-Barthes, Variazioni sulla scrittura-Il piacere del testo, Einaudi
-Foucault, Ordine del discorso
e nella stesura di un elaborato da postare sul blog

giovedì 16 settembre 2010

(Foucault) Il discorso e le sue procedure.

Il nostro linguaggio nella nostra società e soprattutto la sua produzione viene controllata da alcune procedure che hanno il compito di controllarne le caratteristiche e di evitarne i pericoli e i poteri. Evidenti sono le procedure di esclusione e la più evidente è quella dell’interdetto; ossia il fatto che non si può parlare di tutto in qualsiasi circostanza, che le persone non possono parlare di qualunque cosa. Oggi giorno ciò avviene soprattutto quando si parla della sessualità e della politica che diventano argomenti tabù. Evidente nel discorso è il suo legame con il desiderio e con il potere; infatti il discorso non è semplicemente ciò che manifesta il desiderio ma è anche ciò per cui si lotta , il potere che si vuole raggiungere. Altro principio d’esclusione è la partizione , ad esempio quella fra ragione e follia. C’è da dire che per secoli in Europa la parola del folle veniva esclusa e quindi non esisteva , le parole del folle erano il luogo della partizione, ed esse non erano mai accolte e mai ascoltate. Oggi si dirà che tutto ciò è finito e che la parola del folle non è più dall’altra parte della separazione , ciò però non significa che la vecchia partizione non sia più valida , infatti essa non viene cancellata ma agisce altrimenti muovendosi secondo linee diverse e con effetti diversi. Come terzo sistema di esclusione può essere considerata l’opposizione tra vero e falso. Attenzione però , perché questa partizione non è rilevante a livello di una proposizione , ma se si vuole invece sapere qual’ è la volontà di verità che ha attraversato i secoli della nostra storia allora può profilarsi qualcosa come un sistema di esclusione. Questo non è altro che un sistema costituitosi senz’altro storicamente , dunque si parla di partizione storicamente costituita. Infatti già nei poeti greci del passato il discorso vero per cui si aveva terrore e rispetto era il discorso che diceva la giustizia e che attribuiva a ciascuno la sua parte. Solo qualche tempo dopo la più alta verità non era più in quello che il discorso era o in quello che faceva, bensì in quello che diceva. Infatti la verità si è spostata dall’atto ritualizzato dell’enunciazione verso l’enunciato stesso ; verso il suo senso , la sua forma , il suo oggetto e il rapporto con la sua referenza. Si è stabilita poi la partizione fra il discorso vero e il discorso falso, una partizione nuova perché il discorso vero non è più discorso prezioso e desiderabile proprio perché non è più legato al potere. Da tutto ciò risulta evidente che la volontà di verità è mutata nelle epoche storiche , infatti la volontà di verità nel diciannovesimo secolo non coincide con la volontà di sapere che caratterizza la cultura classica. La volontà di sapere come gli altri sistemi di esclusione poggia su un supporto istituzionale, infatti è costituita da pratiche come la pedagogia , come il sistema dei libri, dell’editoria, delle biblioteche ecc. questa volontà viene anche riconfermata dal modo in cui il sapere viene messo in opera in una società, dal modo in cui viene valorizzato e distribuito. Questa volontà di verità , sorretta da un supporto e da una distribuzione istituzionale, esercita sugli altri discorsi della nostra società una sorta di pressione e quasi un potere di costrizione. Foucault dei tre sistemi di esclusione che colpiscono il discorso si è soffermato più a lungo sul terzo ossia sulla volontà di verità. È di essa che si parla meno infatti il discorso vero non può riconoscere le volontà di verità che lo attraversa e la volontà di verità che si è imposta a noi da molto tempo è tale che la verità ch’essa vuole non può non mascherarla. In questo modo ci appare allo sguardo una verità che è ricchezza e fecondità , ma in compenso la volontà di verità ci appare come un prodigioso macchinario destinato ad escludere.

Esistono poi anche le procedure d’esclusione interne con le caratteristiche di classificazione, ordinamento, distribuzione, con la volontà di padroneggiare un’altra dimensione del discorso : quella dell’evento e del caso. Qui al primo posto come procedura troviamo il commento. Il commento consente di costruire nuovi discorsi e dall’altra parte ha l’unico ruolo di dire ciò che era articolato silenziosamente. Deve dire per la prima volta ciò che non era mai stato detto, esso assegna la sua parte al discorso e consente di dire qualcosa di diverso dal testo stesso, ma a condizione che sia questo stesso testo ad essere detto e compiuto. Altra procedura complementare a quella del commento è quella dell’autore. L’autore considerato non come l’individuo parlante che ha pronunciato o scritto un testo , ma l’autore come principio di raggruppamento dei discorsi, come unità ed origine dei loro significati e come fulcro della loro coerenza. Nell’ordine del discorso scientifico l’attribuzione di un autore , nel medioevo , era indispensabile perché costituiva un indice di verità. Allo stesso modo anche nel diciassettesimo secolo nel discorso scientifico questa funzione non è venuta meno. Differentemente nell’ordine del discorso letterario a partire dal diciassettesimo secolo la funzione dell’autore andò rafforzandosi ; infatti tutte le narrazioni, i poemi , i drammi e le commedie che nel medioevo circolavano nell’anonimato , ora invece si chiede loro la loro provenienza , chi li ha scritti, si chiede all’autore che rendi conto dell’unità del testo che va sotto il suo nome. Si chiede all’autore di rivelare il senso nascosto dei propri testi e di articolare questi testi sulla propria vita personale , sulle proprie esperienze. Dunque l’autore è ciò che da al linguaggio della finzione le unità , i nodi di coerenza e l’inserimento nel reale. Mentre il commento limitava il caso del discorso ad un’identità che ha la forma della ripetizione , l’autore invece limita il caso del discorso ad un’identità che ha la forma dell’individualità e dell’io. Vi è un’altra procedure che riguarda l’organizzazione delle discipline che si oppone tanto al principio del commento che a quello dell’autore. A quello dell’autore in quanto una disciplina viene definita da un campo d’oggetti, da un insieme di metodi , da un gioco di regole e di definizioni di tecniche e di strumenti. Si oppone anche a quella del commento perché in una disciplina a differenza del commento ciò che si presume in partenza non è un senso che deve essere riscoperto ne un identità che deve essere ripetuta , bensì ciò che è richiesto per la costruzione di nuovi enunciati. Dunque affinché ci sia disciplina occorre che vi sia possibilità di formulare in maniera indefinita nuove proposizioni. C’è da dire che una disciplina non è la somma di tutto ciò che può essere detto di vero a proposito di qualcosa , infatti la medicina non è costituita dal totale di ciò che si può dire di vero sulla malattia e la botanica non può avere la somma di tutta la verità su ciò che concernano le piante. Dunque sia la botanica che la medicina , come ogni altra disciplina , sono fatte tanto di errori che di verità , errori che non sono corpi estranei ma che hanno funzioni positive , efficacia storica e legate alla verità. C’è da dire inoltre che una proposizione affinché possa appartenere alla botanica o alla medicina deve innanzitutto rivolgersi ad un piano d’oggetti determinato che riguardano appunto le due discipline. Dunque nei suoi limiti ogni disciplina riconosce preposizioni vere e false, una preposizione deve rispondere a complesse e pesanti esigenze per poter appartenere all’insieme di una disciplina. La disciplina è un principio di controllo della produzione del discorso , essa infatti fissa dei limiti al discorso.

In fine esiste un terzo gruppo di procedure che consentono il controllo dei discorsi. Qui si afferma che non tutte le regioni del discorso sono aperte e penetrabili , alcune sono saldamente difese , mentre altre sono accessibili e a disposizione di ogni soggetto parlante. Lo scambio e la comunicazione sono figure positive che operano al’’interno di sistemi complessi di restrizione. La forma più superficiale e visibile di questi sistemi di restrizione è costituita dal rituale. Il rituale definisce la qualificazione che devono possedere gli individui che parlano , esso definisce i gesti e i comportamenti , le circostanze e tutto l’insieme di segni che devono accompagnare il discorso ; esso fissa l’efficacia delle parole e il loro effetto su coloro cui sono rivolte. Anche i discorsi religiosi, giudiziari, terapeutici e in parte anche quelli politici utilizzano il rituale. Diverse sono le società di discorso che hanno la funzione di conservare o proteggere i discorsi con un regime diverso di esclusione e di divulgazione : si pensi al segreto tecnico o scientifico , alle forme di diffusione e di circolazione del discorso medico ecc. differentemente le dottrine (religiose, politiche,filosofiche) costituiscono l’opposto di una società di discorso ; infatti mentre nelle società di discorso il numeri degli individui parlanti tendeva ad essere limitato e il discorso circolava solo tra di loro , invece la dottrina al contrario tende a diffondersi fra i soggetti e mette in causa sia il l’enunciato che il soggetto parlante. La dottrina lega gli individui a certi tipi di enunciazione per legare gli individui tra di loro e differenziarli dagli altri. Bisogna anche riconoscere l’appropriazione sociale dei discorsi e qui l’educazione è lo strumento grazie al quale ogni individuo nella nostra società può accedere a qualsiasi tipo di discorso. È difficile separare i rituali della parola, le società di discorso i gruppi dottrinali e le appropriazioni sociali , questi infatti si legano l’uno a gli altri e costituiscono grandi edifici che assicurano la distribuzione dei soggetti parlanti nei vari tipi di discorso. Questo in merito alle procedure d’assoggettamento del discorso.

Nella nostra società vi è una sorta di sordo timore contro questa massa di cose dette , contro il sorgere di tutti questi enunciati , dunque contro questo brusio incessante e confuso del discorso. Se si vuole analizzare questo timore nei suoi effetti e nel suo gioco occorre : rimettere in questione la nostra volontà di verità , restituire al discorso il suo carattere d’evento e togliere via in fine la sovranità del significante. Questi compiti comportano alcune esigenze di metodo : un principio di rovesciamento per cui la dove si crede di riconoscere la scaturigine dei discorsi , bisogna piuttosto riconoscere il gioco negativo di un ritaglio e di una rarefazione del discorso. Poi un principio di discontinuità per cui i discorsi devono essere trattati come pratiche discontinue, che s’incrociano , si affiancano s’ignorano e si escludono. Ancora un principio di specificità secondo il quale occorre concepire il discorso come una violenza che noi facciamo alle cose , ed è in questa pratica di violenza che il discorso trova la sua regolarità. In fine, quarto principio , di esteriorità secondo il quale bisogna partire dal discorso stesso e andare poi verso le sue condizioni esterne di possibilità. A questi quattro principi si legano quattro nozioni che servono all’analisi regolativa : l’evento che si lega al principio di rovesciamento , serie che si lega al principio di discontinuità , regolarità al principio di specificità e la nozione di condizione di possibilità al principio di esteriorità. Foucault si propone poi di condurre due analisi : una critica dove si analizzano i processi di rarefazione , di raggruppamento e di unificazione dei discorsi ; l’altra genealogica che riguarda invece la formazione effettiva dei discorsi sia all’interno dei limiti di controllo che all’esterno. Le descrizioni critiche e le descrizioni genealogiche devono sorreggersi alternarsi e completarsi vicendevolmente. La parte critica dell’analisi si rivolge ai sistemi d’avvolgimento del discorso , essa cerca di rintracciare e di individuare i principi di ordinamento esclusione e rarità del discorso. Invece la parte genealogica si rivolge alla serie della formulazione effettiva del discorso e cerca di cogliere il discorso nel suo potere di affermazione. Dunque l’analisi del discorso cosi intesa mette in luce il gioco della rarità da una parte e il potere d’affermazione dall’altra.