modalità d'esame

per tutti gli studenti che dovranno sostenere l'esame di
Filosofia del Linguaggio mod.B a.a. 2009/2010


si rende noto che

-Il numero di battute dei propri elaborati dovrà essere compreso tra 14000 e 16000

-Bisognerà postare i propri lavori 14 giorni prima dell'appello scelto per sostenere l'esame

l'indirizzo e-mail a cui chiedere l'autorizzazione per postare è:
foucaultbarthes0910@gmail.com

per non avere problemi con le autorizzazioni si invita gli studenti ad utilizzare un indirizzo gmail per inoltrare le proprie richieste
Gli studenti che hanno usato il proprio account @mondoailati.unical.it per postare su altri blog relativi agli esami di Informatica, sono pregati di creare COMUNQUE un nuovo account

Programma d'esame

cicli: 07 e precedenti
A partire dalla sessione di giugno 2010 il programma d'esame consiste nello studio di:
-M.P. Pozzato, Semiotica del testo, Carocci
-Barthes, Variazioni sulla scrittura-Il piacere del testo, Einaudi
-Foucault, Ordine del discorso
e nella stesura di un elaborato da postare sul blog

lunedì 7 giugno 2010

Roland Barthes e il piacere del testo .

Roland Barthes e il piacere del testo .
Il rapporto lettore - testo : tra piacere e godimento .

Personalità di spicco del 900 francese ed europeo, Roland Barthes nasce a Cherborg il 12 novembre del 1915 e, dopo una vita divisa tra studio, ricerca e problemi di salute, muore a Parigi il 26 marzo del 1980 .
Tra i suoi scritti figurano in egual misura opere di linguistica, di critica letteraria nonchè un considerevole numero di saggi .
Tra i temi che più lo attraevano è impossibile non notare l' interesse per le relazioni tra miti e feticci della realtà contemporanea e le istituzioni sociali oltre che per il rapporto di incontro - scontro tra la lingua ( intesa come patrimonio collettivo ) ed il linguaggio individuale .

Nel corso della sua vita si occupa di scrivere, tra le altre cose, anche della scrittura stessa .
La definisce " La scienza dei godimenti del linguaggio " sostendo il suo ruolo di "pratica" in quanto è generatrice di testi, esempi di ars erotica e non di mero metalinguaggio.
Oggetto dello studio della scienza dei godimenti del linguaggio è la scrittura stessa, quindi .
Scrittura intesa come insieme di segni tramite i quali creare testi .
Tra il 1971 e il 1973 Barthes scrive il breve volume "Il Piacere del testo" ( "Le Paisir du texte" in lingua originale ) .

Di cosa si occupa lo scrittore nel libro in esame ?
Ebbene, è presto detto : il tomo tratta del piacere .
Ma non di un piacere qualunque bensì di quello che provoca, nei lettori, la lettura di un testo .
Un testo che nasce dal semplice bisogno di scrittura da parte del suo autore .
Un bisogno di esternare, un bisogno di comunicare con il lettore che sta " dall' altra parte " .
E il lettore, da parte sua, percepisce il testo come fosse un corpo, un oggetto che genera piacere .
Un piacere di difficile definizione, quasi inesprimibile per sua stessa natura e per di più spesso associato - o peggio confuso - con il godimento ( nonostante non esista ad ora una parola che associ, l' uno all' altro, i due termini ) .

Nella sua opera l' autore tiene ad evidenziare in modo netto le sostanziali differenze che intercorrono tra i due concetti .
Per parlare di " godimento " dobbiamo introdurre un termine poco noto, un termine al quale il concetto di godimento è strettamente legato : il " fading " .
Si potrebbe tradurre il termine " fading " con le parole " svanire " o " sbiadire " .
Il termine si riferisce ad un segnale elettromagnetico che ci giunge in maniera discontinua .
Il godimento è assenza, perdita, mancamento, discontinuità, phatos emozionale portato al suo eccesso .
Lo troviamo nella possibilità o meno di poter scoprire e comprendere il fine dell' autore del testo che stiamo leggendo .
Nel rischio di non riuscire a cogliere il senso nascosto dietro le parole usate dallo scrittore, dietro schemi invisibili innalzati da colui che ha creato la realtà in cui ci immergiamo quando leggiamo .
L' imprevedibilità .
È questo che differenzia il godimento dal piacere.
Dopotutto il godimento, per attirare a se, sfrutta questa sua apparente debolezza come fosse una forza, un' attrattiva .
Quasi promettesse il piacere perverso e un pò macabro della perdizione .

E se il mancamento è il fulcro del godimento, il piacere al contrario è invece associabile ad un intenso appagamento, ad una piena soddisfazione .
Non si tratta però di un piacere di tipo trionfante .
Il piacere è qualcosa di estremamente più delicato, sottile.
Si potrebbe dire " mentale " .
È qualcosa di impalpabile e, in un certo senso, nemmeno esistente dato che si poggia quasi esclusivamente sulle aspettative e l' immaginazione del lettore .

Ma andiamo per gradi . . .

Si può parlare di piacere nei confronti di quel testo che consente al lettore una lettura godibile .
Un testo che si legge facilmente, anche .
Questo perchè se si legge gradevolmente e senza sforzo una frase, un periodo oppure un racconto è sicuramente da attribuire al fatto che chi ha scritto ciò lo ha fatto nel piacere .
Il panorama letterale mondiale è pieno di testi noiosi e balbettanti, scritti senza alcun piacere .
Somigliano al balbettio degli infanti e son privi della loro gaia innocenza .
Al contrario sembrano forzatamente frenati e sgraziati .
Al punto tale da essere considerati frigidi,

Oltre questo, il piacere del testo è dato dall' interesse e dal modo in cui si guarda al " corpo del testo ".
Mi spiego meglio : fondamentalmente Barthes ci offre un' innovativa e quanto mai affascinante analogia tra il testo scritto e il corpo umano .
L' autore si esprime come se il lettore dovesse venire coinvolto dal testo al punto tale da interessarsene come se questo avesse una sua vera e propria anatomia .
Come se si trattasse un corpo reale .
Un corpo da cui trarre godimento .
Considerando uno scritto come fosse un corpo vero e proprio non è follia, allora, cercar di capire come cercare il piacere in un testo comparando, il suddetto piacere, al piacere che si può trarre nel rapportarsi carnalmente con l' altrui corpo umano .
In fondo il testo è un corpo e il lettore è un altro corpo .
Nulla di più naturale che due corpi si attraggano irresistibilmente .
Uno scrittore che scrive nel desiderio desidera che il suo testo venga desiderato da chi lo leggerà.
E, per quanto strano possa apparirci, il lettore stesso custodisce il desiderato di essere desiderato dal testo .
Il pensiero che il testo esista per dargli piacere, per soddisfare lui e lui soltanto lo attrae incredibilmente e gli permette di raggiungere con esso un rapporto di simbiosi difficile da raggiungere con un altro tipo di " entità " inanimata .


Stabilito ciò arriviamo al punto focale del pensiero di Barthes a riguardo .
Dimentichiamo per un attimo che ciò di cui stiamo parlando non è che una serie di parole, una serie di frasi .
Pensiamo al corpo .
E cosa c'è di più seducente in un corpo - ci fa notare smaliziatamente l'autore - se non quelle zone dove l' abito si dischiude ?
Nessuna nudità completa, nessuna scena imbarazzante, nessun azzardo .
Possiamo definirla, forse, perversione ?
Eppure non si tratta che di una rapidissima e sorprendente intermittenza tra coperto e scoperto Basta questo ad attirare l' attenzione .
Questo perché, per il lavorio di una mente allenata all' immaginazione ( come può esserlo quella di un lettore ) , le zone erogene non sono che un mero feticcio .
Ciò che realmente lo affascina, ciò che lo attrae, è quel sottile lembo di pelle che si intravede, quasi inaspettatamente, tra due capi d' abbigliamento . . .
In realtà è il " vedo - non - vedo " che seduce l' occhio di chi osserva .
È l' intermittenza di una apparizione - sparizione, pari a quella di un corpo coperto da una camicia aperta, ciò che porta realmente il lettore a ricercare il piacere .
È immaginare, sperare, cercare e infine scoprire ( termine dopo termine, pagina dopo pagina ) ciò che l' autore del testo che stiamo leggendo vuole mostrarci . . .
Cosa può esserci di più attraente per un lettore appassionato che la completa comprensione, l'impossessarsi del segreto ultimo del testo che ama?

Si verifica un fenomeno estremamente interessante in questo frangente .
Lo si definisce " tmesi " ( termine greco che può essere tradotto con la parola " taglio " ) ed è qualcosa che un autore non può prevedere o di cui, quanto meno, non può prevedere la portata e l' intensità perchè ha un effetto diverso a seconda del lettore che la " utilizza " .

Vediamo di cosa si tratta .

Nel momento in cui si rapporta con un' opera che lo coinvolge profondamente è naturale, per ogni lettore degno di questo appellativo, desiderare di giungere alla fine del testo .
Il suo scopo è terminare il racconto che lo tiene con il fiato sospeso e che gli impedisce di pensare ad altro che non abbia a che fare con esso .
Eppure, allo stesso tempo, il nostro lettore desidera che ciò avvenga in maniera graduale .
La soluzione non deve essere troppo palese, troppo a portata di mano .
Perché è l' intermittenza ciò che seduce .
Vuole che il finale si dischiuda poco a poco ai suoi occhi .
Desidera anelarlo, cercarlo, quasi implorarlo .
Il momento in cui possiamo parlare di piacere del testo è proprio questo .
La lettura del testo, di quel testo, non è più un semplice passatempo al quale dedicare sommaria attenzione .
Si tratta di una ricerca .
Una febbrile ricerca del piacere .

La graduale ma volontariamente lenta rivelazione dei tratti salienti della trama fa si che il ritmo della lettura cambi considerevolmente : in maniera del tutto autonoma ( e alle volte irrispettosa dei desideri dell' autore stesso ) il lettore comincia con l' ignorare le parti del testo che giudica meno utili ai fini della comprensione della trama di fondo e, naturalmente, del raggiungimento della parte della storia che più lo interessa .
Inizialmente si limiterà con il leggere velocemente o a sorvolare le lunghe descrizioni .
Poi si arrogherà la libertà di trattenersi dal leggere i dialoghi troppo prolissi .
Infine arriverà al punto di tralasciare anche pagine intere legate ai personaggi che meno lo coinvolgono .

L' avidità con cui il lettore divora il testo pagina dopo pagina nasconde il desiderio di arrivare al più presto al " momento clou " allo stesso modo in cui solitamente, nel rapporto fisico, si comincia con un andamento relativamente lento per poi ritrovarsi ad agire con un ritmo incalzante finalizzato all' appagamento del piacere nel minor tempo possibile.

Ecco dunque la tmesis che, come un taglierino tra le mani del lettore, smussa gli angoli del testo, elimina ciò che è superfluo o almeno di scarso interesse .
E il lettore non è quasi più interessato alla iniziale, e dunque reale, struttura del testo .
Ciò che lo affascina, a questo punto, è la possibilità di scalfire il testo a suo piacimento .
Di decidere cosa deve dargli piacere o meno ,
Decidere autonomamente ciò che il testo è o non è .

In ultima istanza, stando a ciò che sostiene Barthes, il lettore finirà comunque con il ritrovarsi al cospetto di due possibilità di testo .
Da una parte il testo di piacere .
Dall' altra il testo di godimento .

Il testo di piacere lo soddisfa, lo appaga, lo rende felice in quanto, con la sua ripetitività, è qualcosa di assolutamente rassicurante .
Il lettore non fatica nel coglierlo perchè è qualcosa di molto " naturale " , molto fluido : lo scrittore che crea un testo di piacere scrive nel piacere e riesce a trasmetterlo al suo lettore .
Non è sempre così semplice, però .
Alle volte viene a crearsi una distanza tale tra lo scrittore e il lettore da rendere difficile quella che nel testo di piacere era la " naturale trasmissione " di sensazioni tra scrittore e lettore .
Si crea uno spazio .
Uno spazio che fa si che la lettura del testo non ristagni nella comprensione assoluta .
Questo spazio è il godimento del testo che fa si che il gioco della lettura non si interrompa con la fine del testo, con l'arrivo alla conclusione della vicenda .
Nel testo di godimento il lettore non legge per essere accontentato : quell' enorme spazio lasciato aperto gli provoca una sensazione di perdita, lo sconforta e lo sconvolge a livello intimo dato che tutto ciò cambia i suoi valori, modifica il modo di rapportarsi al linguaggio mettendo addirittura in discussione i canoni di ciò che piace e di ciò che normalmente non dovrebbe piacere affatto .

Un piccolo e probabilmente sfacciato azzardo personale .
Sempre continuando con l' analogia del " testo come corpo " e del rapporto tra testo e lettore come il rapporto fisico tra due corpi reali, potremmo forse dire che se nel rapporto tra testo di piacere e lettore il testo esiste per accontentare placidamente il suo lettore, il testo di godimento, al contrario, è il componente dominante della coppia, colui che decide le modalità, i tempi e, soprattutto, le distanze per giungere all' appagamento .
Il suo scopo non è essere mero strumento di appagamento per il lettore .
Compiacerlo in maniera unilaterale non è la sua raison d' etre .
Semmai sta al lettore rapportarsi ad esso .
Modificare il suo modo di vedere le cose, rispettare degli " spazi " non voluti direttamente da lui, completare la lettura e magari vedere il suo piacere non pienamente soddisfatto .
Trovo sia affascinante questo perverso rapporto di quasi sudditanza del lettore nei confronti del testo che in fin dei conti è qualcosa che in origine avrebbe dovuto essere solo un mezzo di piacere .

Ad ogni modo possiamo ritrovare venature di perversione anche nelle diverse classificazioni del piacere che Barthes ci propone .
Di fatti possiamo dire che probabilmente la lettura più perversa in cui un lettore possa imbattersi è quella di un testo o di un' immagine tragica .
La perversione si nasconde nel piacere che si prova nell' ascoltare, nel leggere oppure nel guardare qualcosa di cui si conosce già la fine, lo scopo, il senso ultimo .
Il piacere nasce non dal testo o dall' immagine in sè .
Ciò che crea piacere è la sicurezza, la soddisfazione nel rivivere qualcosa che conosciamo bene, che non ci offre sorprese sgradevoli o semplicemente inaspettate .
Il ripetersi rassicurante di qualcosa sempre uguale a se stessa culla il lettore trattenendolo in uno stato simile a quello di un feto nell' utero materno : racchiuso nel suo personale mondo privo di sorprese ma, allo stesso tempo, rinchiuso in uno spazio limitato beandosi di qualcosa che già conosce e che quindi non influirà in nessun modo con il suo essere e non modificherà il suo modo di trarre piacere da qualcosa di esterno .

Un tale atteggiamento potrebbe essere deleterio a lungo andare perchè finirebbe con l' annichilire la capacità e, soprattutto, con il desiderio di trovare piacere in un testo .
Barthes porta in esempio in popolo francese riguardo questo concetto .
A quanto pare un francese su due non legge .
Un pò come a dire che metà dei francesi non trova piacere nel rapportarsi con un testo .
Tuttavia, a lungo andare, potrebbe accadere che quella percentuale di popolazione che adesso si limita ad evita il confronto con il testo in futuro non sarà più in grado di rapportarcisi autonomamente .
Davvero un peccato che la ricerca del piacere attraverso un testo non ottenga più che pochi consensi .
Soprattutto agghiacciante che questa realtà non si limiti ad una sola zona ( come poteva esserlo la Francia a cui si riferiva Barthes ) ma che dilaghi ormai nella quasi totalità della società attuale come fosse un male endemico .

Possibile che la fruizione del piacere del testo non delizi più che pochi eletti ?
L’autore chiama, il lettore risponde.
L’intricato rapporto tra autore e lettore, passando per il testo, analizzato attraverso un parallelo Barthes-Eco.

“Il testo è un oggetto feticcio e questo feticcio mi desidera. Il testo mi sceglie, attraverso tutta una disposizione di schemi invisibili, di cavilli selettivi: il vocabolario, i riferimenti, la leggibilità, ecc.; e, perduto in mezzo al testo (non dietro, quasi un dio da macchinario), c’è sempre l’altro, l’autore.”
All’interno di questa frase, presente nel libro di Roland Barthes, si racchiude il punto focale da cui muove tutto il mio elaborato: il rapporto che intercorre tra il testo e il lettore, passando dall’importante mano del lettore.
L’opera, “Il piacere del testo”, venne scritta da Barthes nel 1973. Qualche anno più tardi, precisamente nel 1979, Umberto Eco scrisse “Lector in fabula”, opera in cui si analizzano i processi interpretativi in quella che egli stesso definisce una macchina pigra , cioè il testo. Quella di Eco sembra essere una continuazione dell’opera di Barthes, o meglio ancora, un approfondimento del rapporto incessante tra testo e lettore. Di quest’ultimo non analizzerò l’intera opera, ma limiterò il mio lavoro soltanto a quello che secondo me è la parte più coerente al mio lavoro (capitolo 5, Il lettore modello).
Prima ancora di iniziare la mia analisi dei due autori, vorrei però introdurre l’argomento facendo riferimento ad un altro importante testo: “Se una notte d’inverno un viaggiatore” di Italo Calvino . Nonostante non sia un importante testo di semiotica o di interpretazione narrativa e soprattutto non è stato scritto da un filosofo, riporterò di seguito alcuni estratti dell’opera che riguardano da vicino il rapporto che si viene a creare tra l’autore e il suo lettore. Ben si saprà che l’opera di Calvino è incentrata sul piacere di leggere, in particolare i romanzi. Il protagonista assoluto è il lettore, che per una serie di vicissitudini non riuscirà mai a finire i romanzi che inizierà a leggere. All’interno dell’opera un capitolo viene dedicato ad un dei tanti autori dei vari romanzi, ovvero Silas Flannery. “[…] c’è una giovane donna che legge. Tutti i giorni prima di mettermi al lavoro resto un po’ di tempo a guardarla col cannocchiale. […] mi pare di cogliere nella sua immobilità i segni di quel movimento invisibile che è la lettura […]. Le parole sono chiare, l’autore cerca l’ispirazione. Non la trova in un oggetto, in una sensazione o in una esperienza. Ma il suo punto di partenza sarà il lettore stesso, ovvero l’obiettivo del suo scrivere. Quindi l’autore può essere considerato un parte di questo processo circolare tra il testo e il lettore stesso? Ovviamente si, anche perché senza autore non ci sarebbe le parole scritte e di conseguenza non ci sarebbe neanche il lettore. Potremmo dire che l’autore è il miglior tramite che possa esistere tra testo e lettore. Anche se nel caso del protagonista di Calvino, la sua sembra essere quasi una posizione scomoda: “Come scriverei bene se non ci fossi! Se tra il foglio bianco e il ribollire delle parole e delle storie che prendono forma e svaniscono senza che nessuno le scriva non si mettesse di mezzo quello scomodo diaframma che è la mia persona![…] Non è per poter essere il portavoce di qualcosa di definibile che vorrei annullare me stesso. Solo per trasmettere lo scrivibile che attende d’essere scritto, il narrabile che nessuno racconta.” Ma possiamo veramente accettare questa posizione di rassegnazione da parte dell’autore? Le parole sono così davvero indipendenti da qualsiasi cosa, che hanno bisogno solo di una mano per essere messe sulla carta? Da questi interrogativi possiamo passare ad analizzare questa situazione da parte dei due autori presi in considerazione.
Confrontando le due opere, a differenza di qualche anno, si possono notare sostanziali differenze, già partendo dal titolo. Il piacere del testo sembra dare l’idea di un rapporto morboso che può venire a crearsi tra testo e lettore, mentre Il lettore modello è quasi un’interpretazione teorica di questo rapporto, in cui il lettore non è più una parte passiva, ma inizierà ad avere un ruolo fondamentale.
All’interno dell’opera di Barthes si possono avere molteplici definizioni di “piacere del testo”.
“ Piacere del testo. Classici. Cultura (più ci sarà cultura, più sarà grande, diverso, il piacere). Intelligenza. Ironia. Delicatezza. Euforia. Padronanza. Sicurezza : arte del vivere. Il piacere del testo si può definire come una pratica ( senza alcun rischio di repressione): luogo e tempo di lettura: casa, provincia, pasto vicino, lampada, la famiglia dove dev’essere, cioè lontana e non lontana ( Proust nel gabinetto degli odori d’iris), ecc. straordinario rafforzamento dell’io (tramite il fantasma); inconscio ovattato. Questo piacere può essere detto: donde la critica.”
Questo inarrestabile piacere deve essere sentito e preso in tutto il suo impatto dal lettore, colui che riuscirà a vivere all’interno della contraddizione del testo in cui si susseguono contraddizioni logiche e molteplicità di linguaggi. Dovrà essere una sorta di controeroe, che affronta qualsiasi difficoltà pur di arrivare al suo piacere e al suo godimento. Di certo non sarà attratto da un testo che balbetti, che stenti. Sarà attratto addirittura dalla nevrosi. Non è un’assurdità, ma il lettore pretende che il testo lo desideri. E ciò lo può fare solo attraverso la scrittura. Unico strumento che il testo ha per coinvolgere il lettore. “La scrittura è questo: la scienza dei godimenti del linguaggio, il suo kamasutra.”
Ed ecco che si rientra in quell’aspetto, oserei dire perverso di Barthes. Forse il termine perverso non è molto esagerato in quanto più volte all’interno dell’opera, Barthes parla corporeità vera è propria del testo, di godimento, addirittura di pornografia e di erotismo. “Il testo ha una forma umana, è una figura, un anagramma del corpo? Sì, ma del nostro corpo erotico. Il piacere del testo sarebbe irriducibile al suo funzionamento grammaticale (feno-testuale) come il piacere del corpo è irriducibile al bisogno del corpo.”
È davvero possibile un rapporto così morboso tra il lettore e il testo? Attraverso le parole di Barthes sembrerebbe di sì. Il testo è un corpo. Il lettore è un altro corpo. Due corpi inevitabilmente si attraggono. Ma in questo caso, il testo non può essere attratto dal lettore perché non sarebbe possibile. Il lettore però può essere attratto dal testo, questo è possibile. Quindi lo scrittore farà riferimento a tutte le sue conoscenze, a tutte le sue capacità per far sì che il testo sia desiderato dal lettore. Però all’interno della critica di Bathes bisogna fare una differenza tra piacere e godimento. “Piacere/Godimento: questo, termino logicamente, vacilla ancora, inciampo, m’ingarbuglio. Comunque, ci sarà sempre un margine di indecisione; la distinzione non sarà fonte di classificazione certe, il paradigma cigolerà, il senso sarà precario, revocabile, reversibile, il discorso sarà incompleto.” Il piacere lo si coglie subito, lo si riconosce. Lo scrittore scrive nel piacere e lo trasmette al lettore. Ma nel momento in cui il lettore non è definito, si viene a creare uno spazio tra l’autore e il particolare lettore. Questo spazio è appunto il godimento che farà sì che il gioco della lettura sia sempre aperto. Potrei dire che il godimento di un testo sia qualcosa di molto più privilegiato rispetto al semplice piacere. Con un testo di piacere si è sicuri della lettura, è quasi una pratica confortevole. Soddisfa, appaga, dà euforia. Non avviene la stessa cose nel testo di godimento, in cui lo spazio lasciato aperto crea sconforto nel lettore , che non si riconosce più in molti suoi ideali e valori, che entra in crisi con sé stesso e anche con il linguaggio.
Parlando di piacere e godimento, di conseguenza si deve parlare anche di scrittore di piacere e scrittore di godimento. Entrambi si distinguono per gli stessi motivi della differenza fra i due tipi di testo. Il primo crea un testo di cui sarà possibile parlarne, o meglio, sarà possibile farne una critica. Il secondo non è dicibile, è interdetto, si può solo criticare solo attraverso un suo simile. Il godimento può derivare spesso dalla ripetizione incessante che caratterizza la nostra cultura moderna. Le parole, le frasi, i simboli, si ripetono all’infinito portando ad uno smarrimento del lettore. Si ritorna al principio molto caro a Barthes dell’erotismo. Infatti in questo caso la parola ripetuta all’infinito diventa erotica, si gode nel vederla ripetersi miriadi di volte. Molto di più rispetto a quando la parole è inaspettata e può rappresentare la verità.
Nel corso della mia trattazione ho dato la definizione di piacere del testo . Adesso vorrei associare a quella definizione quella di testi di godimento: “Il piacere a pezzi; la lingua a pezzi; la cultura a pezzi. Sono perversi in quanto sono fuori di ogni immaginabile finalità.[…] Non regge nessun alibi, non si ricostruisce niente, non si ricupera niente. Il testo di godimento è assolutamente intransitivo.”
Per poter giungere a questo piacere e poi in casi molto particolar al godimento, bisogna fare riferimento a degli aspetti cooperativi. Essi giocano un ruolo fondamentale,in quanto portano il destinatario a trarre dal testo ciò che il testo non dice, ma che presuppone, promette. Aspetto, questo della cooperazione che sarà affrontano dell’italiano Eco. Già in un opera precedente, Opera aperta, Eco, si era iniziato a porre il problema dell’ordine interpretativo di un’opera d’arte. Continuerà questo suo lavoro nell’opera che ho preso in esame. Eco tiene sempre in considerazione le teorie di Jakobson, circa le funzioni del linguaggio,ma ancora di più tiene in considerazione le teorie di Lévi-Strauss sul ruolo del lettore. “[…] nell’analisi di un testo, non bisogna prendere in considerazione solo il livello più astratto e profondo, ma tutti i livelli, perché il senso complessivo nasce dalla loro reciproca determinazione.”
Eco all’inizio del capitolo preso in esame, usa il termine lettore al posto di destinatario e autore al posto di emittente. Il concetto focale sul quale si incentra la sua argomentazione è attualizzazione del testo da parte del destinatario. “Un testo, quale appare nella superficie (o manifestazione) linguistica rappresenta una catena di artifici espressivi che debbono essere attualizzati dal destinatario.”
Tale processo di attualizzazione ha come protagonista indiscusso il lettore. Egli, nel momento in cui legge un testo, deve aprire il dizionario in modo da poter ricollegare ogni parole in un contesto del testo bene definito. Il lettore dovrà avere delle competenze linguistiche, che spesso però non coincidono con quelle del lettore. La maggior parte del lavoro di attualizzazione, che si ritrova a dover fare il lettore, è quello del non-detto. “Il non-detto significa non manifestato in superficie, a livello di espressione: ma è appunto questo non-detto che deve venir attualizzato a livello di attualizzazione del contenuto.”
Il lettore all’interno del testo possiede una massima libertà di movimento, grazie soprattutto a quei spazi bianchi che vengono lasciati dall’autore. Gli spazi bianchi servono appunto a dare l’idea della libertà di interpretazione che l’autore crea, il testo usa per richiamare l’attenzione del lettore e che il lettore stesso deve decodificare.
Come ho già detto, le competenze dell’autore e del lettore sono diverse. Ma ciò non toglie che l’autore aiuti il lettore nella sua opera di interpretazione. Infatti all’interno del suo stesso libro, Eco da vita ad uno schema che rappresenta una possibile strategia con la quale cercare di andare in contro al lettore. Si darà vita a quello che Eco chiama lettore modello. I mezzi che si possono usare per raggiungere questo lettore sono diversi, ma sono ben noti: la lingua, l’enciclopedia, il lessico, lo stile. Il più delle volte seguire questa strategia non solo servirà al lettore, ma aiuterà l’autore stesso nella costruzione del suo testo.
L’interpretazione di un testo serve anche a stabilire la categoria alla quale appartiene il testo. Si parla per questo di testi “aperti” e testi “chiusi”. Come si può ben capire la loro definizione è abbastanza chiara. I testi chiusi sono quelli in cui si hanno poche possibilità di interpretazione, dove si possono ben comprendere le difficoltà dell’autore nella costruzione di un testo. Viene a mancare l’utilizzo di quelle strategie di cui prima parlava Eco. Strategie che saranno invece tenute in considerazione ed utilizzate nel migliore dei modi nei testi aperti. In un certo senso l’autore guiderà in tutto e per tutto il lettore nel suo viaggio all’interno del testo..
Questo concetto del testo aperto potrebbe entrare in contrasto con quello che Barthes chiama testo di godimento, in cui il lettore è portato a perdere il filo della propria interpretazione. I protagonisti del testo sono quindi due individui, anche se la cooperazione non è data dalle loro figure, ma al contrario dalle loro strategie, che si fondono a vicenda. Infatti si parte da un autore empirico che crea un lettore modello. Ma a sua volta esiste anche un primo lettore empirico che deve crearsi una propria immagine di autore modello, attraverso i dati che gli vengono forniti dal testo. Entrambi svolgono la stessa funzione, però al contrario. Anche se in questo caso si prenderebbe come ipotesi interpretativa non più un lettore modello, ma un autore modello.
Autore, testo, lettore è un circolo in continuo movimento e da un profondo legame fra di loro. Non possono esistere separatamente. Ognuno ha bisogno dell’altro. Sarebbe impossibile sostenere la tesi del protagonista di Calvino. Egli ha paura di influenzare con la propria soggettività i fatti che già esistono e che attendono solo di essere riportati su un foglio bianco. Ma ciò non sarebbe possibile. Anche se questi fatti esistono l’autore ha il dovere di riportarli sul foglio bianco. E quella che potrebbe essere considerata come una personale interpretazione non è altro che un modo che l’autore ha di mettere in atto quella strategia di cui parla Eco, e da cui si giungerà poi all’irrefrenabile desiderio del testo di essere letto da parte del lettore.

Riferimenti bibliografici
Calvino, I.
1979 Se una notte d’inverno un viaggiatore, Mondadori, Milano
Barthes, R.
1973 Variazioni della scrittura seguite da Il piacere del testo, Biblioteca Einaudi,
Torino
Eco, U.
1979 Lector in fabula Bompiani, Milano, pag. 50-66
Pozzato, M. P.
2001 Semiotica del testo, Carocci editore, Roma


Adelia Pantano
matr. 115292
ciclo 07