modalità d'esame

per tutti gli studenti che dovranno sostenere l'esame di
Filosofia del Linguaggio mod.B a.a. 2009/2010


si rende noto che

-Il numero di battute dei propri elaborati dovrà essere compreso tra 14000 e 16000

-Bisognerà postare i propri lavori 14 giorni prima dell'appello scelto per sostenere l'esame

l'indirizzo e-mail a cui chiedere l'autorizzazione per postare è:
foucaultbarthes0910@gmail.com

per non avere problemi con le autorizzazioni si invita gli studenti ad utilizzare un indirizzo gmail per inoltrare le proprie richieste
Gli studenti che hanno usato il proprio account @mondoailati.unical.it per postare su altri blog relativi agli esami di Informatica, sono pregati di creare COMUNQUE un nuovo account

Programma d'esame

cicli: 07 e precedenti
A partire dalla sessione di giugno 2010 il programma d'esame consiste nello studio di:
-M.P. Pozzato, Semiotica del testo, Carocci
-Barthes, Variazioni sulla scrittura-Il piacere del testo, Einaudi
-Foucault, Ordine del discorso
e nella stesura di un elaborato da postare sul blog

giovedì 20 maggio 2010

Il Testo. Tra piacere e godimento.

Il testo. Tra piacere e godimento
di Eluisa Pia Giglio


Il testo è un oggetto feticcio e questo feticcio mi desidera. Il testo mi sceglie, attraverso tutta una disposizione di schermi invisibili, di cavilli selettivi: il vocabolario, i riferimenti, la leggibilità ecc.

( Barthes, Roland, Le plaisir du texte, 1973, Edition du Seuil, Paris )

La scrittura è il soggetto costante di Barthes, anzi, forse nessuno come lui ha riflettuto sull’essenza della scrittura in modo così brillante e appassionato.
È la materia del linguaggio a parlare nei due testi che Barthes scrive tra gli anni 1971-73, e che l'editore Einaudi ha riunito in un unico volume: la materia dei segni come gesto, come traccia, in Variazioni sulla scrittura, e la materia come energheia che sfugge alla dicibilità della rappresentazione, nel Plaisir du texte.
Due libri destinati a diversa fama: il primo destinato ad una collana dell’Istituto Accademico di Roma, mai pubblicato, e apparso postumo solo nel 1994, il secondo, invece, di grande ed immediato successo. Sensualità degli alfabeti, scolpiti dall'abilità degli artigiani e dalla psicologia dei popoli, e sensualità della "significanza", che non è il significato, - Barthes intende marcare la distanza dalla “significazione” saussuriana - ma piuttosto il "godimento", la jouissance.


Che cos’è la significanza? È il senso in quanto prodotto sensualmente.


Osserva giustamente Barthes che se alla domanda “cosa conosciamo del testo?”, la semiologia è riuscita a dare risposte più o meno convincenti, la stessa cosa non è però accaduta per un’altra domanda fondamentale: “che cosa godiamo nel testo?”
Si tratta, riprendendo le parole dell’autore stesso, di “riaffermare il piacere del testo contro l'indifferenza scientifica ed il puritanesimo dell'analisi sociologica, contro l'appiattimento della letteratura ad un suo semplice apprezzamento”.
Alla scienza del linguaggio Barthes oppone "la scienza dei godimenti del linguaggio", cioè la scrittura, che è una pratica, o meglio, un insieme di pratiche, e non un metalinguaggio. Infatti la scrittura genera testi, ciascuno dei quali è anche il miglior commento a se stesso: ogni testo è un esempio di ars erotica, ed è un trattato di questa arte.
Ciò che vorrei, però riprendere in maniera particolare, è la difficile distinzione, che a mio avviso non si esaurisce del tutto all’interno del libro, tra piacere e godimento, in cui Barthes si cimenta continuamente.
L'assenza di un termine che li racchiuda entrambi favorisce l'ambiguità: in quanto coestensivo, ma anche contrapposto al godimento, il plaisir riesce sovente ad usurparne il posto, e ad allontanarlo dalla scena.
Tuttavia, alcune differenze sono a dir poco rilevanti: il piacere è appagamento, è soddisfazione, è legato ad un forte edonismo della cultura; il godimento, al contrario, è mancamento, perdita, distruzione della cultura, pathos emozionale portato al suo eccesso. Il piacere del testo è l’euforia, è legato ad una pratica confortevole della lettura, mentre il godimento è quella scossa, che fa perdere al soggetto la consistenza del proprio Io. ( Il brio del testo sarebbe la sua volontà di godimento)
In ciò quella del godimento rassomiglia alla concezione del sublime kantiano, caratteristico di una bellezza talmente sconvolgente ed intensa, da provocare insieme due sensazioni contrastanti, quali repulsione ed attrazione. Il godimento è espressione della propria deriva pulsionale, ed ha una natura asociale.
Testo di piacere, invece, è quel testo, la cui scrittura prova che il lettore è desiderato.
Debussy affermava che il compito dell’artista è quello di cercare umilmente di far piacere, così come Oscar Wilde sosteneva che “l’artista è colui che crea cose belle”.
Il testo deve, dunque, sedurre il lettore.
Si configura qui la predilezione, da parte di Barthes, del dionisiaco nietzscheiano rispetto al raziocinio. Nietzsche attribuiva, infatti, ad Euripide la colpa di aver eliminato dalla tragedia, e quindi dall'arte, l'elemento dionisiaco in favore di valori morali ed intellettualistici; criticava Socrate e la sua folle presunzione di dominare la vita con la ragione, perché, secondo lui, "la razionalità ad ogni costo è una malattia". Dioniso era, infatti, il dio dell’esaltazione dei valori vitali, dell’irrazionalità, della passione e quindi, della creatività artistica.

Se il piacere può nascondere le fonti del godimento, ciò accade in quanto esso è dicibile, in quanto occupa dei luoghi: invece il godimento è in-dicibile, è atopos.
"Lo scrittore di piacere (e il suo lettore) accetta la lettera; rinunciando al godimento ha il diritto e il potere di dirla: la lettera è il suo piacere, ne è ossessionato”.
Il testo di godimento non può essere giudicato quale giusto o sbagliato, perché va al di là del testo stesso. Il testo di godimento è un testo impossibile, intrattabile ed estraneo ad ogni critica, pertanto non si può argomentare su un testo del genere ma soltanto in esso.
"Sul piacere del testo non è possibile nessuna tesi. Non potendosi dire, il piacere si metterebbe nell'essere spiegato sulla via generale delle motivazioni, di cui nessuna può essere definitiva".
Esso è perciò talmente imprevedibile, che sfugge al controllo del suo stesso autore. Da qui il fallimento nel fondare una scienza del piacere come principio critico.
Proprio perché caratterizzato da quest’indicibilità, la critica verte sempre sui testi di piacere e mai su quelli di godimento.
Il linguaggio, giacchè parte della doxa, della natura umana, viene inevitabilmente contaminato dalla vita sociale ed è per questo topico.
Diversamente il testo (purchè non sia un metalinguaggio) è atopico, neutro, almeno nella sua produzione; proprio perchè è esente da ogni norma politica o morale e costituisce una sorta di superamento sociolinguistico, Barthes lo definisce perverso: il godimento del testo è necessariamente perverso, poichè "nessun godimento si può proporre in una cultura di massa".
Barthes osserva che un francese su due non legge. Privandosi della lettura i francesi non rinunciano solo ai canoni del bello ideale e della perfezione, espressi dalle civiltà greco-romane, ma, cosa più importante, essi si privano del piacere. Anche se in passato vi era la tendenza ad imitare e valorizzare le opere greche e latine attraverso la lettura e la loro riscoperta, pur avendo precluso il piacere inteso alla maniera di Barthes, ci si poteva comunque vantare del fatto che in qualche modo la lettura non era trascurata, anzi valorizzata. Oggi, invece, il piacere della lettura sembra non attrarre più nessuno. Forse è troppo difficile da ricercare, rintanato nelle pieghe e nelle intermittenze, “là dove l’abito si schiude”, direbbe Barthes, e le società sono portate, naturalmente, a rinunciare, a precludersi ogni forma di piacere.
Il soggetto assiste pertanto all'erotica distruzione della cultura e gode della sua caduta.
Viene decretata la preclusione del piacere del testo, a favore del conformismo culturale, razionalista. Ma il piacere dell'arte, essendo libero da qualsiasi morale culturale, politica o religiosa, non deve giustificarsi dinnanzi ad essa, in quanto è puro, possiede l'innocenza del divenire al di là del bene e del male.
"Guarda i buoni e i giusti! Chi odiano essi di più? Colui che spezza le loro tavole dei valori, colui che infrange, che delinque, ma questi è colui che crea." (Nietzsche).
Proprio in assenza di riferimenti estrinseci il linguaggio di testo trova la propria massima esplosione dionisiaca di godimento.
Ad avviso di Saussure, il linguaggio sarebbe un segno composto dalla corrispondenza arbitraria tra significante e significato; ciò può essere vero nel linguaggio quale strumento sociale, ma non in quello di testo, che è atopico, ed il suo godimento non dipende dal suo significato contenutistico, ma dalla sensualità della significanza.
Da Barthes i due termini vengono presentati come sinonimi: il godimento è significanza e la significanza è godimento, che eccede il valore del significato.
Per l’autore di cui ci stiamo occupando, la più perversa tra le letture è quella tragica: "provo piacere a sentir raccontare una storia di cui conosco già la fine", perchè il vero godimento nella tragedia non risiede nell'effimera soddisfazione epistemica, ma nell'emozione di rivivere lo scioglimento della storia.
La tragedia greca, la favola che la mamma ci raccontava ogni sera, il romanzo preferito; tutto ciò scatena il piacere della veggenza, l’illusorio potere di riuscire a condurre il gioco, oppure la volontà di non essere nuovamente delusi, come quando leggemmo o sentimmo la parola fine in un racconto che volevamo finisse diversamente. “È la progressione del godimento”, fenomeno che, oggi, nell’ epoca delle soap opera e della cultura di massa, si attua di rado.

Altri spunti preziosi all’interno del suo discorso sono quelli in cui Barthes introduce la distinzione piacere/godimento all’interno delle dinamiche testuali, e soprattutto, nella sfera della ricezione.
Innanzitutto, come conseguenza alla differenza di base tra i due termini, pone la distinzione tra almeno due regimi di lettura: quello che va direttamente alle articolazioni del testo, ignorando i giochi di lingua, e la lettura che non fa passare niente, che aderisce al testo, che “legge”, nel senso più pieno della parola, che affonda nella sua materialità per ritrovare quella leggerezza dell’atopia sopracitata, e che scivola, infine, nella perdita della propria soggettività.
Mentre il racconto classico comporta il piacere della tmesi, (dalla parola greca tmēsis, “taglio”, che si produce al momento del consumo del testo; l’autore non può prevederla, e d'altronde egli non potrebbe voler scrivere ciò che non si leggerà ) di un ritmo di lettura che non rispetta l’integrità del testo, ma va direttamente alle sue articolazioni, il testo di godimento (testo-limite, moderno) imprime una lacerazione al linguaggio stesso; la lettura di godimento coglie in ogni punto del testo l’asindeto che taglia i linguaggi – e non l’aneddoto.
Sembra che per Barthes la scrittura acquisti valore nel momento in cui è in grado di produrre fratture e lacerazioni. Quando invece si propone come strumento risolutore di ogni contrasto non funziona.
Infatti, la scrittura stessa nasce da un bisogno di divisione, la sua natura è di produrre collisioni, rotture e fratture tramite cui ridistribuire la lingua. La frattura che conduce al godimento è il “fading” (letteralmente “sbiadire”, “svanire”. Si tratta di un termine che si riferisce al segnale elettromagnetico che arriva in modo discontinuo). Barthes ritiene che il fading sia il luogo in cui il soggetto è colto nel pieno del godimento: si trova, infatti, davanti alla possibilità di poter scoprire o no la presenza ed il pensiero dell’autore nascosto dietro schermi invisibili.
È nelle zone di intermittenza che il lettore deve cercare il piacere del testo. Come in un corpo erotico, infatti, il piacere non risiede nelle zone erogene, ma nella messinscena di un’apparizione-sparizione: nell’intermittenza della pelle che luccica tra due capi, fra due bordi, come quelli di una camicia semiaperta.

Per Barthes, sarebbe questa l’opposizione radicale: il piacere è prodotto dalla ripetizione, dallo stereotipo; il godimento è prodotto dall’evento, dall’eccezione e si scatena tutto in una sola volta. Ma nel passo immediatamente successivo, dimostra di volere contemporaneamente la ripetizione ( che quindi potrebbe generare godimento) e l’evento, la cultura e la sua distruzione. La parola può, pertanto, risultare erotica a due condizioni, che si pongono agli antipodi: se è ripetuta ossessivamente o, al contrario, se è inaspettata e fonte di novità.
L’innovazione è la funzione del testo di godimento, sempre “moderno” rispetto alla propria contemporaneità, col compito di rinnovare il linguaggio andando a colpire le strutture della lingua.
Il suggerimento è quello di una retorica descrittiva, ma in grado di ospitare le lacerazioni del desiderio: le rotture di costruzione (anacoluti) e le rotture di subordinazione (asindeti) sono le tracce di fratture più profonde; è tutta l'enunciazione che, in questo modo, "va a pezzi".

Concludendo, come ho detto inizialmente, a mio avviso, Il piacere del testo è un libro che non giunge mai ad una conclusione chiara ed esplicita, ad una verità assoluta, contro ogni intuizionismo, in favore del dubbio, delle ipotesi che cercano questa verità, o almeno un abbozzo di essa. Un libro in cui, senza dubbio, emerge il gusto per la scrittura frammentaria, in cui le interruzioni tra un paragrafo e l’altro, senza titoli, stimolano a proseguire nella lettura, nella riflessione.
Bisogna lasciarsi al piacere della lettura di un testo senza preconcetti, ma solo in base a quello che la sua lettura trasmette a noi personalmente in quel momento. Questo tipo di lettura coinvolge tutti i sensi, ci porta in un mondo immaginario dal quale si torna alla realtà arricchiti da questa nuova esperienza. Per la formazione del gusto della lettura è necessario provare questo piacere fondamentale e profondo, è necessario che l'individuo riesca a godere della lettura al punto da desiderare nuovamente quel piacere nel corso di tutta la vita.