Si può trarre piacere dalla lettura di un testo allo stesso modo in cui soddisfiamo le nostre pulsioni fisiologiche? È possibile ritenere un testo alla pari di qualunque oggetto erotico che ci provoca piacere? I continui rimandi di Barthes alle concezioni freudiane del piacere e del desiderio, nonché i riferimenti espliciti alla psicanalisi, ci indirizzano esattamente verso quest’idea: il piacere,il godimento sono qualcosa di univoco,non importa che siano diretti verso un corpo fisico o verso una qualunque espressione artistica. Ma andiamo per gradi. Innanzitutto come si distingue un testo di piacere da un testo freddo, da un “testo-balbettio”? Barthes afferma che un testo di piacere non è solo un testo scritto nel piacere, dal momento che il piacere di uno scrittore non corrisponde necessariamente con quello del suo potenziale lettore, il testo deve dare la prova di desiderare il lettore,di sceglierlo attraverso una serie di elementi dispersi nel testo. Ma il testo di piacere non va confuso con il testo di godimento. Barthes riconosce fra questi due testi una sorta di ambiguità per cui essi tenderebbero per alcuni versi ad identificarsi ma in realtà esistono delle differenze precise. Quando parliamo del testo di piacere ci riferiamo alla capacità di quest’ultimo di soddisfarci, di appagarci,esso è legato ad una tipologia di lettura confortevole del tutto in accordo con la nostra cultura. Il testo di godimento da questo punto di vista è esattamente l’inverso, esso ci sconforta, ci mette in uno stato di perdita , fa di tutto per far vacillare i nostri punti di riferimento, riesce a metterci totalmente in crisi. Esiste inoltre un'altra differenza che si fonda a partire da alcuni assunti psicanalitici per cui il piacere è dicibile,il godimento no. A partire da Lacan a Leclaire entrambi hanno affermato che il godimento rimane interdetto a chi parla, tutt’al più può essere espresso fra le righe. È per questo motivo che la critica dei testi si basa solo sui testi di piacere ed è sempre storica o prospettica. Il presente del godimento non si può spiegare a parole poiché la critica si basa sempre su delle radici culturali che mancano totalmente al godimento. La lettura del testo di godimento ha in se qualcosa di perverso: “So bene che sono solo parole,ma con tutto ciò…” , ci lasciamo trasportare da quella finzione come se fosse reale e in un attimo tutti quelli che sono i gusti, i valori, i ricordi del lettore, vengono persi di vista. Barthes definisce il lettore come una sorta di controeroe che nel momento del piacere costruisce uno spazio personale e completamente asociale in cui abolisce tutte le barriere imposte dall’esterno che rifiutano i prinpici dell’illogicità e della contraddizione. È una sorta di eterno conflitto fra l’Io e il Superio. Freud meglio di chiunque altro ha messo in luce questo contrasto affermando che la vita psichica deve essere intesa in termini di pulsioni,prevalentemente di carattere sessuale,che sono una sorta di energia interna che deve essere in un modo o nell’altro scaricata onde evitare di star male. Freud definisce questa energia libido. Secondo lo psicanalista nella nostra psiche convivono due principi che sono il principio del piacere e il principio della realtà. Il primo tende a soddisfare la libido,l’altra la contrasta per far integrare l’individuo nel contesto sociale. Ne deriva che col tempo le diverse autorità a partire dalla figura paterna ci portano a reprimere le nostre passioni tanto da rimodellare il nostro io e il nostro comportamento per essere ben accetti all’interno della società. È la vittoria dell’apollineo nietzschiano sul dionisiaco, la vittoria della razionalità e della società sugli impulsi irrazionali e vitalistici dell’individuo, una sorta di dovere kantiano che ci impedisce di fare ciò che l’Io vorrebbe fare. Ma esiste un luogo indisturbato in cui è ancora possibile soddisfare i propri istinti e questo luogo è il corpo testuale. A quanto pare per Barthes anche ciò che spinge uno scrittore a produrre un testo non è altro che un ripiego rispetto a un impulso non soddisfatto. “Folle non posso, sano non degno,nevrotico sono” scrive Barhes. I testi vengono scritti per incanalare quello stato di nevrosi che scaturisce dall’impossibilità di rispondere alle nostre esigenze, alle nostre richieste, così che l’autore si rifugia nel testo e quello che ne risulta sono dei testi paradossalmente invitanti che riescono a sedurre il lettore. “L’opera in fondo sarebbe scritta da un gruppo socialmente deluso o impotente … la letteratura sarebbe l’espressione di questa delusione”.La nevrosi per Freud derivava essenzialmente da questo. I nostri istinti per quanto possano essere repressi o limitati dalle regole esterne non potranno mai essere eliminati del tutto perché fanno parte del nostro modo di essere. Ne consegue che affinchè l’individuo viva in uno stato di equilibrio interno ha bisogno comunque di esternare i suoi impulsi, non importa se ciò avviene attraverso una forma d’arte o meno. È proprio la mancanza di equilibrio secondo Freud, a scatenare quei conflitti psicologici interni che a lungo andare provocano appunto condizioni di nevrosi, di isteria o addirittura dei traumi. Neanche il lettore, secondo Barthes, si può ritenere esente da queste forme di nevrosi. Esistono infatti, secondo il filosofo, quattro tipologie di lettore in base al rapporto che si instaura fra la nevrosi e la forma allucinata del testo:
· Il feticista,ama il testo in quanto spezzettato,ritagliato,prova piacere per le singole parole.
· L’ossessivo,quelli per cui il linguaggio ritorna di cui fanno parte logofili, linguisti,semiologi,filologi ecc.
· Il paranoico,ama i testi che assumono la forma del ragionamento,i testi tortuosi
· L’sterico,si getta nel testo prendendolo per oro colato.
Ma questo non è l’unico aspetto per cui associamo Freud a Barthes. Quando parliamo di testo ci riferiamo ad esso come se esso fosse un corpo costituito da diverse zone erogene, proprio come un corpo umano. Alcuni eruditi arabi, afferma Barthes, definiscono il testo come corpo certo. Il testo non è solo un corpo nel senso in cui lo intendono i grammatici ma è anche un corpo di godimento costituito da relazioni erotiche e che non ha nessun rapporto col testo in senso fisico. Infatti il piacere del testo non si può ridurre alla sua grammatica così come il piacere corporeo non si può ridurre al semplice bisogno fisiologico. Quando leggiamo un testo trasferiamo il nostro corpo erotico nel testo in modo che esso assuma una forma umana e lo lasciamo libero di soddisfare i propri bisogni. Non solo, nel processo di lettura il testo diventa un oggetto di piacere alla pari di tutti gli altri , e ciò può avvenire in due modi differenti : Associando il testo a qualunque piacere della vita oppure identificandolo come uno dei luoghi o dei momenti della nostra perversione. Ora secondo Barthes queste due modalità andrebbero unificate in modo da eliminare quell’apparente contrapposizione fra vita pratica e vita contemplativa. Un corpo testuale però non necessariamente deve appagarci, viceversa un testo può rimanere nella sfera del semplice e puro Desiderio. Il desiderio è quello che caratterizza un testo erotico rispetto a un semplice testo. Barthes sottolinea questa differenza anche all’interno di un'altra sua opera ovvero ne “La camera chiara” , dove in alcuni passi, analizzando una fotografia erotica realizzata da Mapplethorpe afferma che essa, a differenza delle foto pornografiche in cui l’intento è semplicemente quello di ostentare il sesso, lascia spazio all’immaginazione andando al di fuori della sua cornice. È un po’ la stessa differenza tra raffigurazione e rappresentazione teorizzata da Barthes a proposito dei testi, ma ci tornerò più tardi. “La parte più erotica di un corpo non è forse dove l’abito si dischiude?” E’ a partire da questa affermazione che Barthes spiega l’analogia tra l’erotismo di un corpo e quello prodotto da una forma d’arte. Egli afferma che come un corpo erotico si caratterizza per il fatto che non mostra tutto ma vi è una sorta di gioco di apparizione- sparizione, o come afferma la psicanalisi, di intermittenza, così un testo erotico è proprio quello che ci non presenta subito la verità, per cui siamo animati dal desiderio di conoscere la fine della storia. Ci comportiamo, dice Barthes, come degli spettatori di cabaret che saliamo improvvisamente sul palco per accelerare lo strip-tease della ballerina. Allo stesso modo imponiamo il ritmo ai nostri testi,più il desiderio di conoscenza è forte più siamo portati a sorvolare quelle parti del testo che riteniamo poco funzionali a svelare la verità, per cui leggiamo rapidamente descrizioni, conversazioni ecc. Se da un lato quindi l’erotismo è rappresentato da un sogno da collegiale,quello di vedere il sesso, dall’altra viviamo il desiderio molto più intellettuale della soddisfazione romanzesca. È per questo che Barthes preferisce i racconti brevi. I testi devono essere necessariamente corti per lasciare spazio al desiderio, all’immaginazione prodotta da ciò che l’autore non scriverà mai. Le opere erotiche sono quelle che rappresentano un attesa, non tanto la scena erotica in se, ed è per questo che quando ci troviamo di fronte alla scena che attendevamo ci sentiamo delusi. A quanto pare il Desiderio, a differenza del Piacere sarebbe maggiormente accettato tanto da avere,a differenza dell’ultimo, una sua dignità epistemica. Questo appare strano dal momento che il Desiderio non è mai appagato e pure sia la politica che la psicanalisi considerano il Piacere come qualcosa di negativo. Tutte le filosofie lo hanno rimosso, persino Nietzsche ha affermato che l’edonismo è un pessimismo e all’interno della società cerca di essere eliminato in favore di valori più nobili come la Verità,la Gioia ecc. Il corpo erotico,come accennavo prima,si presenterebbe nella modalità della raffigurazione all’interno del testo. Attraverso la raffigurazione per esempio l’autore potrebbe apparirmi indirettamente,potrei concepire un desiderio verso un personaggio del romanzo o ancora concepire il testo come spezzettato in tanti luoghi erotici. Con la rappresentazione invece, non solo parteciperebbero altri sensi oltre a quello del desiderio, per di più ogni elemento rimarrebbe all’interno della sua cornice, tutto sarebbe già stato detto o mostrato al suo interno. È il carattere erotico di alcuni testi a far si che essi possano essere associati ai sogni, nel modo in cui Freud li intende. Freud ha dedicato gran parte della sua carriera alla zona inconscia della nostra psiche. I sogni sono forse il luogo in cui il nostro inconscio si manifesta più di frequente e in cui riversiamo i nostri desideri, le nostre paure più nascoste. Freud ha dedicato un intera opera a questa tematica,forse la più famosa,il cui titolo è “L’interpretazione dei sogni” . In questo scritto Freud afferma che nei sogni si vengono a manifestare dei contenuti rimossi della nostra psiche, ma tutto ciò non avviene in maniera esplicita ma secondo uno spostamento per cui il significato di questi contenuti viene ad essere associato ad altri oggetti o simboli senza una relazione apparente. Da qui la distinzione fra significato manifesto e significato latente, ciò che sogniamo e il suo significato nascosto. Nei sogni così come nei testi erotici quindi possiamo individuare un attesa, un desiderio insoddisfatto che si manifesta però sotto altre forme apparentemente incongruenti col desiderio stesso. Il sogno, dice Barthes, è un aneddoto incivile fatto con sentimenti civilizzatissimi. Il sogno esprime dunque dei sentimenti assolutamente comuni , solo che il modo il cui questi vengono espressi fa si che essi non appaiano in maniera esplicita. Lo stesso avviene all’interno del testo,la differenza è che nel testo può avvenire anche il contrario: “un aneddoto leggibilissimo con sentimenti impossibili”. Rimane comunque fermo il fatto che attraverso il testo o attraverso il sogno raggiungiamo lo stesso fine : L’appagamento di un desiderio. Il godimento però può essere raggiunto anche in altro modo. Afferma Freud : “Nell’adulto , la novità costituisce sempre la condizione del godimento”. Dal punto di vista testuale è lo stesso dal momento che ogni valutazione su un testo si basa sempre sull’opposizione Vecchio-Nuovo. Il Vecchio rappresenta il linguaggio ripetuto,quello che tutte le istituzioni ci trasmettono continuamente fino a farlo diventare uno stereotipo. Quando però all’interno di questi stereotipi si presenta il Nuovo, esso appare sempre in maniera più marcata ed esso è fonte di godimento. Il nuovo è quindi un eccezione che si distacca da tutto ciò che è socialmente condiviso, dalle regole, dalle ideologie, è l’Es freudiano che vince sul Superio. È proprio per questo che il godimento è asociale. La lettura è questo. Un momento privato in cui entriamo in contatto con lato più intimo del nostro io. Quello che avviene è quello che Freud definirebbe transfert. Durante la sua attività medica le sue pazienti finivano per innamorarsi di lui. Quello che apparentemente sembrava qualcosa di negativo si rivelò invece utile poiché facilitava la liberazione da quelle barriere che impedivano di accedere alla parte più profonda della personalità. Lo stesso avviene quando ci troviamo di fronte a un testo di piacere. Il sentimento amoroso è una delle forme attraverso il quale si manifesta il godimento. Provare amore verso un testo ci libera dalla razionalità per dare sfogo ai nostri istinti, ai nostri desideri. Non importa quanto essi siano illogici,senza senso, quanto si oppongano alle ideologie, ai valori, alle regole. Essi possono essere vissuti proprio perché il testo rappresenta un luogo sicuro, tranquillo, un luogo in cui, come afferma Barthes, ci si distacca dalla guerra dei linguaggi,dei socioletti, delle finzioni. La finzione è quel linguaggio che,essendo accettato dalla comunità, si diffonde in ogni ambito della vita sociale diventando doxa. Il testo di piacere è estraneo a questo conflitto,l’unica cosa che possiamo dire di fronte ad esso è : “è così,è questo per me”. L’emozione che proviamo non ha niente a che vedere con l’autore, con la lingua,col la cultura o con la società. È il nostro inconscio che parla, che si intravede nei testi,la soggettività che prevale sulla socialità.