modalità d'esame

per tutti gli studenti che dovranno sostenere l'esame di
Filosofia del Linguaggio mod.B a.a. 2009/2010


si rende noto che

-Il numero di battute dei propri elaborati dovrà essere compreso tra 14000 e 16000

-Bisognerà postare i propri lavori 14 giorni prima dell'appello scelto per sostenere l'esame

l'indirizzo e-mail a cui chiedere l'autorizzazione per postare è:
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per non avere problemi con le autorizzazioni si invita gli studenti ad utilizzare un indirizzo gmail per inoltrare le proprie richieste
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Programma d'esame

cicli: 07 e precedenti
A partire dalla sessione di giugno 2010 il programma d'esame consiste nello studio di:
-M.P. Pozzato, Semiotica del testo, Carocci
-Barthes, Variazioni sulla scrittura-Il piacere del testo, Einaudi
-Foucault, Ordine del discorso
e nella stesura di un elaborato da postare sul blog

domenica 6 giugno 2010

IL DISCOSRO E LA FOLLIA

Il Discorso e la Follia

Di Ilenia Barberio

L’ordine del discorso è il testo della lezione inaugurale al College de France letto il 2 Dicembre del 1970 dal filosofo Foucault e tratta della congruità e dell’importanza del discorso in quanto espressione della realtà. L’autore evidenzia come il discorso è un mezzo per ottenere potere e come tale dovrebbe essere nelle corde di chi possiede la ragione. Lungi dal divenire erroneo può essere e deve essere pronunciato solo in circostanze specifiche e nei termini appropriati, il discorso non deve risultare un enunciato infelice. Per far sì che ciò non accada vengono stabilite delle procedure d’Esclusione, queste sono : l’interdetto, la partizione della follia e la volontà di verità. Qui mi occuperò della partizione della follia. Al folle è interdetta la circolazione del discorso, le su parole non hanno effetto perché non contengono ne verità ne importanza.

Il termine follia deriva dal latino folle , di origine onomatopeica , significava vuoto o mantice . Nel corso dei millenni è profondamente variato sia il concetto di follia sia la sua interpretazione. La follia viene identificata come una mancanza di adattamento che il malato mostra nei confronti dell’ambiente, tenendo ben presente che la definizione della follia è influenzata dal momento storico, dalla cultura, dalle convenzioni , quindi è possibile considerare folle qualcosa o qualcuno che prima era normale, e viceversa. Il folle sin dalle diverse epoche ha avuto varie attribuzioni; gli antichi greci consideravano due accezioni del concetto di folle: nella prima accezione era una forma di pazzia dovuta all’umana debolezza; nella seconda era considerata di origine divina e consisteva in un entusiasmo o furore ispirato; spesso nella letteratura classica greca la follia era determinata dalle divinità, per possessione estatica o come punizione per delitti o colpe; nel Medioevo la sua figura era vista nelle molteplici controfigure carnevalesche e popolari eleggendola a testimone di una verità nascosta ed inaccettabile e la follia era interpretata come il frutto di una possessione di origine magica, astrologica, amorosa o demoniaca. Un'interpretazione diametralmente opposta si ebbe nel Rinascimento, in questa epoca il folle venne considerato una persona diversa, sia per i valori sia per la sua filosofia di vita, e quindi andava rispettato, lasciato libero, basti pensare all'Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam.

“L’Elogio della Follia” di Erasmo da Rotterdam si tratta di un’opera molto originale in cui con toni ironici e persuasivi l’autore affronta l’insolito tema della follia, per sostenere che essa sarebbe la vera dominatrice dell’intera civiltà ma anche dell’esistenza di ciascun uomo, sia egli un ecclesiastico o un laico, un saggio o un ignorante, un potente o un umile. La follia, che viene allegoricamente rappresentata come una dea in vesti di donna, sarebbe infatti all’origine di ogni bene sia per l’umanità, sia per gli stessi dèi che riceverebbero al pari dei mortali i suoi doni: “io, io sola sono a tutti prodiga di tutto”. Ugualmente la tenuta dei rapporti sociali, e quindi l’esistenza stessa della società, dipendono dall’ausilio della follia. Ma più di tutto la follia rappresenta l’unica guida per accedere alla vera sapienza: poiché infatti tutte le passioni, tutti gli umani errori e tutte le umane debolezze, rientrano nella sfera della follia, saggio è colui che si lascia guidare dalle passioni.

Qualsiasi cosa dicano di me i mortali - non ignoro, infatti, quanto la Follia sia portata per bocca anche dai più folli - tuttavia, ecco qui la prova decisiva che io, io sola, dico, ho il dono di rallegrare gli Dèi e gli uomini”

Erasmo da Rotterdam.

Durante L’Umanesimo il folle veniva visto attraverso uno sguardo eccentrico e rilevatore cui rivolgersi in cerca di un senso delle cose. Nel Medioevo quindi i folli rischiavano il rogo, e alla metà del Settecento erano detenuti nelle carceri, poiché mancavano le strutture sanitarie specifiche. In tempi più recenti, dall’ottocento in poi emerse la visione del folle come “macchina rotta” cioè lesionata nel cervello. Nel novecento lo studio della malattia mentale dell’uomo ha raggiunto il suo massimo splendore e la psichiatria degli ultimi secoli attribuisce la follia ad una macchina non più efficiente, non più integrata nel suo ambiente, non più in grado di dar vita a valori sociali ed economici , si inizia a dare dignità di senso al folle in quanto le sue parole diventano espressione di una sua verità. Tutto ciò che vale per il discorso fisiologico, del soggetto che possiede la ragione, vale a dire provenienza, verità, e contenuti, valgono anche per i discorsi del folle che possiede comunque una sua verità ed un suo contenuto. Anche il folle struttura un suo discorso con delle procedure che pur essendo patologiche, rispondono comunque alla sua logica.

L’autore analizza il discorso attraverso l’uso dello stesso nei tempi passati: Socrate e Platone come discorso “vero” espressione della realtà percepita e discorso “falso” come espressione dell’idea; nel sedicesimo e diciassettesimo secolo discorso come espressione degli eventi naturali e della volontà di sapere; nel diciannovesimo secolo discorso come espressione della sintesi tra esperienza e conoscenza. L’autore riferisce, inoltre, di dovere molto alla filosofia di J. Hyppolite il quale a sua volta aveva attualizzato la teoria filosofica di Hegel affermando che la filosofia era inaccessibile come pensiero totalitario, ma comunque ripetibile, pur nella irregolarità dell’esperienza dando dignità di logica anche alla psicoanalisi, espressione della variabilità dell’individuo.
L’autore nel suo lavoro ”Storia della follia nell’età classica” ha ben evidenziato non tanto le conoscenze mediche intorno al folle come malato, ma le opinioni e le credenze intorno ai folli sia come persone emarginate della società che come personaggi nel teatro o nella letteratura. Ha inoltre messo in evidenza tutta le rete istituzionale intorno alla figura del folle in quanto paziente.

J. Vuillemin analizza il pensiero di Foucault in due relazioni: la prima nel 1969 in vista dell’assegnazione della cattedra di Storia dei Sistemi di Pensiero e la seconda nel 1970, mettendo in evidenza l’importanza di Foucault sia come autore filosofico che come teorico della dignità della follia. La relazione tra L’ordine del discorso e la follia consiste nel fatto che così come il folle nelle sue espressioni segue un proprio filo logico, che è vero in quanto suo, così il discorso del saggio vive di vita propria anche dopo che è stato espresso. Nel tentativo di comprendere tali teorie dobbiamo ricordare che la psichiatria, negli anni in cui scrive Foucault sta cambiando e che ciò porterà in Italia alla legge Basaglia del 1978. La chiusura dei manicomi e la restituzione di dignità di paziente al oggetto psichiatrico farà sì che non si tratterà più di un “folle” ma di un soggetto debole, con una precisa patologia medica. Foucault supera il concetto Cartesiano del “Cogito Ergo Sum” (penso dunque sono) eliminando il soggetto e conservandone i pensieri; ciò sta alla base dell’importanza del discorso come espressione della natura umana e come entità che vive di vita propria.

Oltre “Elogia della follia” di Erasmo da Rotterdam nella letteratura resta memorabile il romanzo della schizofrenia di “Don Chisciotte della Mancia” di Cervantes. La psichiatria è un tema che inoltre in tempi moderni ha influenzato spesso la storia del cinema. La tecnica cinematografica, fatta solo di immagini, riesce bene a rappresentare direttamente molteplici aspetti della psiche umana. Un esempio di film che trattano questi temi sono,“Follia” film di David Mackenzie girato in Irlanda nel 2005. Follia non è semplicemente una storia d’amore, è quella di un’ossessione d’amore che dà le vertigini, e ancora, quella di un’ingiustizia sociale: il potere psichiatrico di classificare un individuo e diagnosticare misteriose malattie mentali, rischiando di ridurre il paziente a qualcosa di meno di un essere umano.

Un altro film famoso che tratta del tema della follia e dei manicomi è: “Qualcuno volò sul nido del cuculo” di Milos Forman uscito nel 1975 e tratto dall’omonimo romanzo di Ken Kesey l'autore scrisse il libro in seguito alla propria esperienza da volontario all'interno del «Veterans Administration Hospital». Il film denuncia in maniera drammatica il trattamento inumano cui sono sottoposti i pazienti ospitati nelle strutture ospedaliere statali, verso cui vige un atteggiamento discriminatorio alimentato dalla paura dell'aggressività dell'alienato mentale. Nel film, la pazzia è vista come un "non luogo", come un qualcosa che il protagonista ha dentro di sé e vuole portar fuori, quasi a voler dire che in fondo una certa dose di pazzia è insita in ogni uomo, anche in chi non viene ricoverato in manicomio. Emerge quindi una visione relativista del concetto di follia, tanto che durante il film può nascere il dubbio se nel manicomio i veri malati siano proprio i pazienti, e non gli infermieri e i medici che li curano e che hanno anche loro i propri problemi psicologici, più o meno visibili. Si crea quindi un contesto in cui l'idea di normalità perde notevolmente significato.

Per concludere nella postfazione dell’ “Ordine del discorso” di Michel Foucault fatta da Mauro Bertoni si mette in evidenza come Foucault sia un sofista astuto che utilizza un discorso come un’arma e una strategia e che conferisce al discorso dignità di importanza in quanto ente a se stante indipendente dal soggetto che lo proferisce, ma importante quanto il pensiero che esprime.

Inoltre Bertoni mette in evidenza la modernità di Foucault, un filosofo che si pone in relazione con la società del tempo e con i progressi della medicina dell’epoca. Foucault riesce infatti, a mettere in relazione la filosofia classica con quella moderna utilizzando come escamotage proprio la figura del folle nel tempo e attualizzandone l’importanza: il folle per eccellenza è colui che esprime un discorso apparentemente privo di logica e di verità, ma che vive di vita propria essendo pensiero puro, distaccato dall’uomo in quanto egli, in questo caso, è un soggetto “Malato”.

“…il compito del dir vero è un lavoro infinito: rispettarlo nella sua complessità è un obbligo da cui nessun potere potrebbe esimersi. Salvo imporre il silenzio della servitù…”

M. Foucault

Ilenia Barberio

Matric. 117006

Ciclo 07 FSCC