modalità d'esame

per tutti gli studenti che dovranno sostenere l'esame di
Filosofia del Linguaggio mod.B a.a. 2009/2010


si rende noto che

-Il numero di battute dei propri elaborati dovrà essere compreso tra 14000 e 16000

-Bisognerà postare i propri lavori 14 giorni prima dell'appello scelto per sostenere l'esame

l'indirizzo e-mail a cui chiedere l'autorizzazione per postare è:
foucaultbarthes0910@gmail.com

per non avere problemi con le autorizzazioni si invita gli studenti ad utilizzare un indirizzo gmail per inoltrare le proprie richieste
Gli studenti che hanno usato il proprio account @mondoailati.unical.it per postare su altri blog relativi agli esami di Informatica, sono pregati di creare COMUNQUE un nuovo account

Programma d'esame

cicli: 07 e precedenti
A partire dalla sessione di giugno 2010 il programma d'esame consiste nello studio di:
-M.P. Pozzato, Semiotica del testo, Carocci
-Barthes, Variazioni sulla scrittura-Il piacere del testo, Einaudi
-Foucault, Ordine del discorso
e nella stesura di un elaborato da postare sul blog

venerdì 14 maggio 2010

LA PAROLA AI FOLLI


MICHEL FOCAULT

LA FOLLIA E IL LINGUAGGIO ESCLUSO


Di Claudia Capogreco



Nato in Francia, a Poitiers, nel 1926 Michel Foucault è il secondo di tre figli di una famiglia della media borghesia francese.
Nel 1946 viene ammesso all’Ecole Normale Superiéure, qui avrà come insegnanti Maurice Merleau-Ponty e Louis Althusser.
Riceverà nel 1948 il diploma in filosofia e un anno dopo quello in psicologia, quindi ottenuta l’abilitazione all’insegnamento si dedicherà agli studi di filosofia, psicologia e storia della scienza.
Fu influenzato nella sua formazione soprattutto dalle opere di Friderich Nietzsche e da Martin Heiddeger, ma non bisogna dimenticare, il suo interesse per gli sviluppi dello strutturalismo francese, in particolare dell’antropologia di Lèvi-Strauss, e della psicanalisi di Freud, rivista da Lacan.
Vive ancora molto giovane, dei forti disagi segnati da abusi di alcool, droga e alcuni tentativi di suicidio a causa, della sua difficoltà, a vivere la propria omosessualità.
Insegna francese all’università di Uppsala, Varsavia e Amburgo dal 1954 al 1958.
Nel 1960 incontra Daniel Defert che sarà suo compagno per quindici anni, lo seguirà a Tunisi, abbandonando un ruolo di prestigio, quando questi verrà chiamato per il servizio di leva.
Ritorna in Francia nel 1968 e si schiera con gli studenti nel periodo di rivoluzione.
Nel 1970 viene eletto professore al Collège de France presso la cattedra di storia dei sistemi di pensiero.
In occasione della sua lezione inaugurale, tenutasi il 12 dicembre del 1970 presso il collège, leggerà il suo discorso-saggio “L’ordre du discours”.
Foucault morirà a Parigi nel 1984 a causa di una malattia legata all’AIDS.



LO SPESSORE DEL DISCORSO



Nella sua opera, Archéologie du savoir, Foucault delinea l’originale teoria“dell’enunciato”.
Per lui l’enunciato è qualcosa di più e qualcosa di meno rispetto al segno in quanto, ogni enunciazione, è una “modalità d’esistenza” dei segni linguistici.
L’enunciazione precede il soggetto, è “storica”, in quanto tale segue delle prassi specifiche, attraverso queste costituisce un campo enunciativo. Il soggetto è definito a priori, perché viene anticipato dall’enunciato, ogni suo pensiero e ogni suo dire.
L’enunciato è referenziale, questa sua caratteristica mostra il suo statuto materiale, non in quanto cosa materiale, ma come evento che necessita di “una sostanza, un supporto, un luogo, una data”.
Lo spessore del discorso s'impone in base alle spessore dell’enunciato, all’interno di questo campo si costituiscono i soggetti storici concreti “ con le loro fisionomie finite e definite cioè non indifferentemente trasferibili o universalizzabili”.
Nel 1970 durante la sua prima lezione al College de France, il filosofo francese svolge il suo prediletto tema delle “procedure di controllo e di delimitazione del discorso” .
Compie una distinzione tra le procedure interne e quelle esterne.
Per quanto riguarda le prime fa riferimento a quella dimensione del discorso che Foucault definisce dell’evento e del caso.
Le procedure di delimitazione interne sono tre: il commento, l’autore e le discipline.
Il Commento non nasce dal caso, analizza e riprende qualcosa che è stato già detto, pur dicendo qualcosa di nuovo ritorna comunque al testo di partenza, “il nuovo non è ciò che è detto, ma nell’evento del suo ritorno” (cfr. p22).
L’Autore invece “ è ciò che dà all’inquietante linguaggio della finzione le unità, i nodi di coerenza, l’inserzione nel reale”, non deve limitarsi a dare un nome al testo deve essere l’unità di origine dei significati del discorso (cfr. p23).
La terza categoria di esclusione interna del discorso è la Disciplina, “ogni disciplina riconosce proposizioni vere o false: ma essa respinge oltre i suoi margini tutta una teratologia del sapere” (cfr. p27). Una proposizione deve rispondere a una serie di criteri prima di essere inclusa in una disciplina, prima di essere vera o falsa deve essere “nel vero”. La disciplina controlla il discorso e impone dei limiti “col gioco d’una identità che ha la forma di una permanente riattualizzazione delle regole” (cfr. p29).
Queste procedure funzionano come principi di classificazione, d’ordinamento e di distribuzione.
Oltre alle delimitazioni interne al discorso, Foucault ne descrive altre tre esterne, imposte dalla società che vuole sorvegliare “l'evento aleatorio” (cfr. p.9), tentando così di limitarne il potere e il pericolo.
La più conosciuta è quella dell’Interdetto, come limitazione nell’articolare discorsi di un determinato tipo, limitazione imposta da tabù, Foucault ne descrive due: quello della politica e quello della sessualità. Il soggetto non è libero di esprimersi, non si può dire tutto, “non si può parlare di tutto in qualsiasi circostanza” (cfr. p.10). Il discorso è l’obiettivo di potere che si cerca di raggiungere, non costituisce solo l’espressione del desiderio ma è il mezzo attraverso cui si lotta.
Il secondo livello di esclusione è quello “del vero e del falso”.
Questi due concetti sono contingenti, modificabili e imponibili con la forza, dalla società. Non è il contenuto delle proposizioni che le rende vere o false, quello su cui pone l’attenzione Foucault è la “volontà di verità … la nostra volontà di sapere” (cfr. p.13). La volontà di sapere del soggetto muta, la società ha un ruolo predominante nella valorizzazione, distribuzione e attribuzione della verità. Il discorso della verità come istituzionalmente imposto giustifica e convince della verità dell’oggi senza consentire al soggetto di creare verità alternative.
Il terzo e ultimo principio di esclusione è quello della Partizione, del rigetto della follia. Quando descrive questo elemento Foucault dice : “penso alla opposizione tra ragione e follia”(cfr. p.10), “il folle è colui il cui discorso non può non circolare come quello degli altri : capita che la sua parola sia considerata nulla e senza effetto … capita anche, in compenso, che le si attribuiscano, all’opposto di ogni altra parola, strani poteri, quello di dire una verità nascosta, quello di annunciare l’avvenire, quello di vedere del tutto ingenuamente quel che la saggezza degli altri non può scorgere” (cfr. p.11). Le parole del folle erano il luogo “in cui si compiva la partizione”, anche se si crede di aver trovato il modo per interpretarle ciò non dimostra che la vecchia partizione non sia più valida, “basta riflettere a tutta la armatura del sapere attraverso cui decifriamo questa parola”. Per Foucault la partizione agisce ancora, lo fa seguendo canoni diversi, attraverso nuove istituzioni e con effetti completamente nuovi, quindi nell’apparente sua risoluzione continua a esistere sotto altre forme.



LA FOLLIA


La Nave dei Folli-Hieronymus Bosch




La follia è una tematica cara a Foucault, ne parla nel suo discorso introduttivo alla lezione inaugurale al Collége de France, ma appartiene anche al passato, perché ne discute nella sua tesi di dottorato “Folie et derison. Histoirede la folie à l’age classique” del 1961.
Il termine follia deriva dal latino, significa mantice e fa riferimento a un recipiente vuoto quindi ha sicuramente un'accezione negativa, nel corso della storia però la figura del folle non è sempre considerata nello stesso modo.
L’opera di Foucault si divide in tre parti, nel primo capitolo “Stultifera Navis”, titolo che prende spunto da un'opera del celebre pittore fiammingo Hyeronimus Bosch, Foucault analizza la follia così come veniva interpretata nel Medioevo, cioè come una forma di possessione da parte di spiriti maligni. I malati di mente venivano internati in luoghi d'isolamento, quei luoghi prima adoperati per ospitare i malati di lebbra, nella speranza di correggerli; chi si prendeva cura di loro era la chiesa, che li considerava indemoniati e sperava attraverso la carità di salvarli, ma molti di loro erano destinati a una fine crudele, le donne in particolar modo credute delle streghe venivano bruciate sul rogo.
Il folle era comunque ammesso nella società e costituiva una parte di essa, era considerato stereotipo dell’insensatezza della condizione umana ma in un certo senso anche possessore di un sapere oscuro capace di vedere realtà superiori che nascondono segreti misteriosi o rivelazioni religiose.
Nel secondo capitolo si discute riguardo la follia nell’età Classica.
Cambia completamente orizzonte la considerazione perché la ragione prevale, e le considerazioni di Cartesio e di Montaigne, portano a razionalizzare la rappresentazione allegorica del folle, che viene visto come individuo da allontanare dalla coscienza sociale.
I folli vengono chiusi in case d’internamento, sono soggetti a maltrattamenti e costretti a vivere in condizioni igieniche pessime, privi anche dei più elementari beni di prima necessita come l’acqua e il cibo.
La chiesa considera il folle un nullafacente nel peccato, perché solo con il lavoro si può sperare nella grazie di Dio, l’inutilità sociale di questi soggetti li condanna all’isolamento e alla segregazione in luoghi in cui vengono privati di qualsiasi forma di libertà e annullati come esseri umani.
La seconda parte del libro si rivolge al problema che riguarda l’implicazione dell’anima nella follia se questa sia da considerarsi o meno nel peccato. Le concezioni proposte sono due: la prima riguarda i giuristi e i teologi che considerano il folle innocente e quindi prospettano una possibile rivalsa che può essere ottenuta attraverso il pentimento. Opposta è la teoria di Voltaire che considera l’anima dei folli folle oppure assente.
Sempre nella seconda parte, Foucault, descrive quattro aspetti della follia, la demenza e la frenesia, la mania e la malinconia.
La demenza è l’incapacità di fare considerazioni corrette di giudicare la realtà in modo sensato e assume diversi nomi in base all’età d'insorgenza: stupidaggine nell’infanzia, nell’età della ragione imbecillità e nella vecchiaia rimbambimento.
La frenesia è invece frutto di un disordine mentale che provoca forte febbre e incide sui nervi, i sintomi portano a una più certa diagnosi sia delle cause sia dell’entità dei disturbi che seguiranno, a differenza della demenza che è una malattia apiretica, i sintomi sono sempre gli stessi ma il malato potrà presentare disturbi della cognizione differenti.
Il malinconico è colui che occupato dalla riflessione e l’immaginazione presa dall’immobilità resta in ozio, il soggetto è facilmente sorpreso dalla tristezza e dalla paura, il maniaco invece è occupato da un flusso intenso di pensieri tumultuosi e ciò lo induce ad atteggiamenti furiosi.
Sempre nella seconda parte, ma nel terzo capitolo, Foucault descrive, le cure somministrate nei manicomi a quel tempo.
Nell’ultima parte dell’opera, verrà descritta la grande paura che si propaga a partire dalla seconda metà del XVIII secolo a causa di un male ritenuto incurabile, con il conseguente aumento dei soggetti malati di mente.
Viene però fatta una distinzione tra sragione e follia, si contrappone l’insensato, che rappresenta la “ragione pervertita” e il lui avviene uno scambio continuo tra ragione e sragione, all’alienato, che ha perso ogni cognizione della realtà è completamente abbandonato all’illusione, quindi in lui avviene una rottura tra ragione e sragione.
Da questa distinzione appare evidente la riconsiderazione che si sta compiendo nei confronti di questi soggetti, ciò comporta una conseguente protesta contro l’internamento e apre un periodo di riforma che si concluderà con la creazione, cinquanta anni dopo, del primo manicomio o asilo moderno. L’asilo ha come obbligo la cura dei pazienti e l’assistenza diviene un dovere sociale:
“Il primo rimedio per la guarigione consiste nell’offrire ai folli una certa libertà, in modo che essi possano abbandonarsi misuratamente agli impulsi naturali” (cfr. pag 369).
“La follia classica apparteneva alle regioni del silenzio, non possedeva un suo linguaggio autonomo, si riconosceva soltanto il linguaggio segreto del delirio. Nel XVIII secolo la follia si appropria di un suo linguaggio, in cui le è concesso di parlare in prima persona e di enunciare qualche cosa che aveva un rapporto essenziale con la verità. Ciò che la follia dice di se stessa è una verità elementare dell’uomo, in quanto lo riduce ai suoi desideri primitivi e ai suoi meccanismi più semplici, e, allo stesso tempo, una verità terminale dell’uomo, in quanto gli mostra fino a dove possono spingerlo le passioni e la vita di società. Il folle non lo si potrà riconoscere senza riconoscersi, senza sentire in sé le sue stesse voci e forze”.
L’opera di Foucault non può essere riassunta in maniera esaustiva in così poche pagine, quello su cui vorrei attirare l’attenzione è sulla presenza, nella nostra società, della categoria della Partizione. Anche nel nostro secolo, lontano per alcuni aspetti da quello di Bosch e Cartesio, si rifiuta troppo spesso di ascoltare e di frequente siamo noi a non parlare.