IL DISORDINE DEL DISCORSO
di Amedeo De Miglio
L’ordine del discorso è il testo della lezione inaugurale che Foucault ha tenuto nel dicembre del 1970.
Foucault esamina le procedure che controllano, selezionano, organizzano e distribuiscono la produzione del discorso per scongiurarne i poteri e i pericoli. Il discorso, quindi, ha una sua materialità e le procedure che lo regolano dovrebbero depotenziarne questa materialità.
Parlare di limitare e controllare il discorso oggi, sembra quantomeno un grosso azzardo. Le possibilità di comunicazione che il web ci apre in continuazione sono sicuramente enormi, di conseguenza parlare di controllo è quasi impossibile e le procedure d’esclusione che Foucault ci propone sono aggirabili dalla illimitata capacità che la Rete ci offre.
Non tutti possono produrre ogni tipo di discorso ma tutti, almeno, possono provare tipologie di discorso che non potrebbero fare se ci fossero limiti.
Tra le procedure d’esclusione che Foucault ci propone, la prima è quella dell’interdetto. Foucault dice appunto che “chiunque non può parlare di qualunque cosa” e quindi il discorso non è accessibile a chiunque. Il discorso è un potere ed un elemento di lotta tra le forze contrapposte.
Del resto il discorso, come il linguaggio, è visto da sempre come la capacità dell’uomo di pensare e di distinguersi dal resto degli esseri viventi. L’uomo, avendo la possibilità di scegliere, ha deciso di impadronirsi del linguaggio per farne una sua potenza specifica e ha messo in gioco nel linguaggio la sua stessa natura.
Se il discorso è visto come un potere, il suo controllo e limitazione oggi sono molto difficili.
Un’altra procedura d’esclusione è la partizione (o partage) nella quale Foucault descrive l’opposizione tra ragione e follia. La partizione è tra le parole sensate e quelle senza senso del folle.
Secondo Foucault, anche oggi esistono meccanismi di partizione che si sviluppano su basi e istituzioni differenti. La parola del folle o non veniva proprio ascoltata o, se lo era, veniva presa come una parola di assoluta verità. Oggi tutto viene ascoltato, e alcune parole hanno una forza talmente invadente da non risultare, agli occhi di molti, come non veri. In questo contesto, forse, un minimo di partizione risulta esserci visto che , molto probabilmente, la “ragione non è in silenzio”.
Una terza procedura d’esclusione è quella del vero contro il falso. Vero e falso sono in continuo movimento che mutano storicamente. Foucault dice infatti che storicamente, nella Grecia del VI secolo, il discorso era vero se era pronunciato da una autorità che ne aveva i diritti. Un secolo dopo il discorso era vero in base a quello che diceva e non in base a chi lo diceva. La nostra volontà di sapere cambia e di conseguenza quello che interessa del discorso è che soddisfi dei canoni di veridicità.
Queste procedure d’esclusione concernono tutte il desiderio e il potere, infatti la volontà di verità dovrebbe avere la precedenza sugli altri discorsi proprio perché parola del potere. Le istituzioni sulle quali poggia la volontà di verità e di sapere, oggi sono cambiate. Un tempo, come ci ricorda Foucault, c’erano anche i circoli eruditi, ma adesso esistono i laboratori e ovviamente le più classiche biblioteche. Accanto alle istituzioni classiche, oggi abbiamo la possibilità di poggiarci su una istituzione moderna, immensa e disponibile ovunque, la Rete. Se da un lato abbiamo la possibilità di conoscere sempre più velocemente, da un altro si è tornati quasi ai tempi della Grecia del VI secolo. Fonti sempre meno autorevoli dicono tutto di tutti e di nuovo la verità sembra essersi spostata all’atto ritualizzato anziché all’enunciato e al suo significato.
Foucault descrive comunque altre procedure di controllo e delimitazione che, a differenza di quelle d’esclusione, sono interne al discorso.
La prima di queste procedure è il commento. Per Foucault ci sono i discorsi che si dicono ma non restano e passano nel momento stesso in cui vengono detti e poi ci sono i discorsi che originano nuovi atti e che vengono trasmessi. Una volta che si ripropone il discorso, se ne possono costruire di nuovi. Il commento infatti è un discorso che non nasce dal caso ma, partendo da un discorso precedente, dice cose diverse. Infatti come dice Foucault, nel commento “il nuovo non è in ciò che è detto, ma nell’evento del suo ritorno”. Ritorno che è cosa possibile quando si parla ovviamente della rete. In questo caso si potrebbe dire che il ritorno è qualcosa di inevitabile e che riproporre e riattualizzare un discorso moltiplicando il proprio senso è forse una delle caratteristiche principale del web. La riproposizione di un discorso con un commento diverso è un’esperienza che possiamo trovare giornalmente.
La seconda procedura è quella dell’autore con il quale, ovviamente, Foucault non intende un autore che scrive un testo ma “l’autore come principio di raggruppamento dei discorsi, come unità di origine dei loro significati”. La figura dell’autore va dunque oltre la sua presenza materiale. Mentre il commento ripete quello che esiste, l’autore cerca di dare coerenza e individualità a queste infinite forme che il discorso può formare. Per l’autore è importante l’individualità e l’io nella formazione del discorso, quindi è come se precedesse la fase del commento che invece reinterpreta il già detto. Credo che l’autore sia molto importante anche per la coerenza che l’infinito mondo della Rete dovrebbe avere ma che non ha e che forse non avrà mai.
Una terza procedura è quella dell’organizzazione delle discipline. Nel commento c’è un senso che deve essere riscoperto, nella disciplina invece ci deve essere la costruzione di nuovi enunciati. Quindi, affinché ci sia disciplina, ci deve essere la possibilità di formulare nuove proposizioni.
Foucault a questo punto ci fa notare che non tutto quello che di vero può essere detto può appartenere ad una disciplina. Infatti in una disciplina ci sono anche errori e di conseguenza la verità deve essere esposta seguendo determinate regole e avere determinati contenuti.
Quindi una proposizione può appartenere ad una determinata disciplina se condivide con questa i campi teorici. Qui si nota chiaramente come la disciplina è un principio di controllo della produzione del discorso, proprio perché non tutto, anche se vero, può appartenere a tutte le discipline ma deve basarsi alle regole della disciplina, di conseguenza c’è un controllo e una limitazione del discorso.
Nella Rete troviamo discorsi che appartengono a diverse discipline, e questi hanno comunque un certo grado di coerenza per essere inseriti. La procedura della disciplina è senza dubbio quella che fino a questo punto si è mantenuta con un controllo anche nella Rete anche se, come più volte detto, non c’è mai l’assoluto controllo quando si parla dell’infinito mondo di internet. Però bisogna sottolineare che, forse, un controllo e una limitazione totale manca anche al di fuori della Rete. Ecco perché, infatti, Foucault descrive queste procedure.
Foucault dice che esiste un terzo gruppo di procedure per controllare i discorsi. Quello che interessa in queste, sono le condizioni per la loro attuazione cioè di regole che non consentano a tutti di accedere al discorso. Non si potrà entrare nel discorso o meglio nell’ordine del discorso, se non si soddisfano alcune esigenze. Foucault a tal proposito dice che esistono alcune parti del discorso che risultano più protette mentre ce ne sono altre che sono aperte a chiunque senza restrizioni e che tutti i soggetti parlanti possono averle a disposizione.
Una di queste forme di restrizione è il rituale che definisce le qualità che deve avere l’individuo che parla, il quale deve parlare, agire e muoversi secondo modi convenzionali e che risultano quindi restrittive. Queste proprietà restringono quindi il campo di chi può partecipare al rito del discorso e chi no.
Un altro esempio di procedura di limitazione è rappresentato dalle società di discorso che hanno la funzione di conservare e di proteggere i discorsi facendoli circolare in ambienti chiusi e distribuendoli secondo regole restrittive. Foucault ipotizza che le società di discorso esistano ancora oggi, secondo regole diverse. Una figura che fa esistere una società di discorso è quella dello scrittore che si differenzia da ogni altro soggetto parlante con la sua singolarità e individualità che ha con la scrittura. Oltre allo scrittore ci sono altre società di discorso “moderne”, come quelle di divulgazione scientifica o medica o politica ed economica.
Ci sono poi le dottrine che hanno una natura esattamente opposta a quella delle società di discorso. La dottrina infatti si diffonde e quindi non fa circolare i discorsi in ambienti chiusi. Hanno la caratteristica di avere un insieme di discorsi che definiscono l’appartenenza degli individui alla dottrina. Infatti la condizione necessaria per appartenere ad una dottrina è il riconoscimento delle stesse verità.
Infine abbiamo l’appropriazione sociale dei discorsi. La distanza tra le classi sociali è un importante segno della diversa educazione che viene impartita e che conseguentemente distribuisce divieti e permessi diversi. Per Foucault infatti “ogni sistema di educazione è un modo politico di mantenere o di modificare l’appropriazione dei discorsi, con i saperi ed i poteri che essi comportano”.
All’interno di queste procedure di restrizione possiamo trovare spunti molto interessanti. La distanza tra le classi sociali implica un certo grado di appartenenza culturale e sociale, appunto, tra i soggetti protagonisti. All’interno del web queste appartenenze e distanze si restringono in maniera importante, facendo risultare molto vicini classi socialmente molto distanti. Lo status che si può avere su internet è, nella maggior parte dei casi, molto diverso da quello che si ha realmente e non virtualmente. Potrei appartenere ad una dottrina virtuale e allo stesso tempo appartenere ad una società di discorso creata sul web. Potrei appropriarmi dei divieti che la classe sociale mi ha imposto, semplicemente fingendo di essere quello che non si sono. Il rituale sembra essere l’unica restrizione che è più difficile aggirare. Ogni restrizione è tale se mantenuta nei limiti delle proprie possibilità. I suoi limiti non superano la soglia della Rete, ma è la Rete stessa che molto spesso si impadronisce e supera i limiti che le sarebbero consentiti. Come ho già detto ”non tutti possono produrre ogni tipo di discorso ma tutti, almeno, possono provare tipologie di discorso che non potrebbero fare se ci fossero limiti”.
Per portare avanti il suo lavoro, Foucault spiega i principi metodologici che intende seguire:
-Nel principio di rovesciamento Foucault dice che nell’autore, nella disciplina e nella volontà di verità c’è una rarefazione del discorso e quest’ultimo non fluisce in maniera libera ma ci sono appunto delle restrizioni.
-Il principio di discontinuità dice che i discorsi sono, appunto, pratiche discontinue. Non è una conseguenza logica il fatto che esistendo i sistemi di rarefazione del discorso, aldilà di questi ci possano essere dei discordi illimitati, come se ci fosse un qualcosa che non è stato detto che bisogna portare alla luce. Non esistono per forza dei discorsi non detti esclusivamente perché c’è stato un controllo e una rarefazione. Essendo discontinui, i discorsi, si incrociano ma tante volte si ignorano e si escludono.
-Con il principio di specificità Foucault spiega che “il mondo non è complice della nostra conoscenza” e cioè che il discorso non spiega la natura delle cose. Bisogna capire che il discorso è solo una “pratica che si impone alle cose” e che rende regolari gli eventi.
-Il quarto principio, quello dell’esteriorità, dice che non bisogna andare a cercare il contenuto interno e nascosto del discorso, ma bisogna partire dal discorso che si è manifestato cercando di capire le sue possibilità e i suoi limiti.
L’analisi del discorso, in sostanza, cerca di capire quali siano quei discorsi che possono turbare e destabilizzare l’ordine e i poteri che nascono dal discorso. In tal modo si cerca di escludere questi discorsi destabilizzanti. L’ordine del discorso che si è stabilito nella nostra società, tramite le procedure di esclusione e controllo è in serio pericolo dalla onnipresenza, dalle infinite possibilità della Rete. Internet ha ampliato a dismisura il numero dei parlanti e della loro assoluta (o quasi) libertà di espressione. Internet ha ampliato i discorsi in maniera non controllata e i confini di esclusione del discorso presentati e spiegati da Foucault sembrano allargarsi, proprio grazie (o a causa) della velocità della Rete. Non tutti potrebbero dire tutto, ma tutti sembrano avere l’autorità di farlo anche a causa di un anonimato che non ci fa avere la piena responsabilità del potere del discorso e del linguaggio.
Giorgio Agamben nel suo libro “Il sacramento del linguaggio” ricorda una frase di Foucault e cioè che l’uomo è “un animale nella cui politica ne va della sua vita di essere vivente” e Agamben aggiunge che l’uomo è anche “il vivente nella cui lingua ne va della sua vita”. Questo significa che l’uomo non ha solo acquisito il linguaggio ma ne ha fatto una sua potenza specifica e ha messo nel linguaggio la sua natura. Cioè l’uomo ha deciso di legare alla sua parola il suo destino. L’anonimato che garantisce internet non è sicuramente una presa di responsabilità dell’uomo, del potere che ha riconosciuto alla sua parola. Il controllo e le esclusioni che dovrebbero intervenire per evitare destabilizzazioni, sono pressoché impossibili su internet. Le incredibili possibilità di comunicazione del discorso che ci apre internet, sono da ostacolo alla limitazione della produzione del discorso. L’evoluzione che c’è stata dalla nascita di internet, è avvenuta e avviene con una velocità incredibile e la sua capacità di mutare e di evolversi ne fanno uno strumento sempre più utilizzato e sfruttato. In tutto questo l’ordine cessa di esserci e il disordine del discorso prende vita.
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