L’autore chiama, il lettore risponde.
L’intricato rapporto tra autore e lettore, passando per il testo, analizzato attraverso un parallelo Barthes-Eco.
L’intricato rapporto tra autore e lettore, passando per il testo, analizzato attraverso un parallelo Barthes-Eco.
“Il testo è un oggetto feticcio e questo feticcio mi desidera. Il testo mi sceglie, attraverso tutta una disposizione di schemi invisibili, di cavilli selettivi: il vocabolario, i riferimenti, la leggibilità, ecc.; e, perduto in mezzo al testo (non dietro, quasi un dio da macchinario), c’è sempre l’altro, l’autore.”
All’interno di questa frase, presente nel libro di Roland Barthes, si racchiude il punto focale da cui muove tutto il mio elaborato: il rapporto che intercorre tra il testo e il lettore, passando dall’importante mano del lettore.
L’opera, “Il piacere del testo”, venne scritta da Barthes nel 1973. Qualche anno più tardi, precisamente nel 1979, Umberto Eco scrisse “Lector in fabula”, opera in cui si analizzano i processi interpretativi in quella che egli stesso definisce una macchina pigra , cioè il testo. Quella di Eco sembra essere una continuazione dell’opera di Barthes, o meglio ancora, un approfondimento del rapporto incessante tra testo e lettore. Di quest’ultimo non analizzerò l’intera opera, ma limiterò il mio lavoro soltanto a quello che secondo me è la parte più coerente al mio lavoro (capitolo 5, Il lettore modello).
Prima ancora di iniziare la mia analisi dei due autori, vorrei però introdurre l’argomento facendo riferimento ad un altro importante testo: “Se una notte d’inverno un viaggiatore” di Italo Calvino . Nonostante non sia un importante testo di semiotica o di interpretazione narrativa e soprattutto non è stato scritto da un filosofo, riporterò di seguito alcuni estratti dell’opera che riguardano da vicino il rapporto che si viene a creare tra l’autore e il suo lettore. Ben si saprà che l’opera di Calvino è incentrata sul piacere di leggere, in particolare i romanzi. Il protagonista assoluto è il lettore, che per una serie di vicissitudini non riuscirà mai a finire i romanzi che inizierà a leggere. All’interno dell’opera un capitolo viene dedicato ad un dei tanti autori dei vari romanzi, ovvero Silas Flannery. “[…] c’è una giovane donna che legge. Tutti i giorni prima di mettermi al lavoro resto un po’ di tempo a guardarla col cannocchiale. […] mi pare di cogliere nella sua immobilità i segni di quel movimento invisibile che è la lettura […]. Le parole sono chiare, l’autore cerca l’ispirazione. Non la trova in un oggetto, in una sensazione o in una esperienza. Ma il suo punto di partenza sarà il lettore stesso, ovvero l’obiettivo del suo scrivere. Quindi l’autore può essere considerato un parte di questo processo circolare tra il testo e il lettore stesso? Ovviamente si, anche perché senza autore non ci sarebbe le parole scritte e di conseguenza non ci sarebbe neanche il lettore. Potremmo dire che l’autore è il miglior tramite che possa esistere tra testo e lettore. Anche se nel caso del protagonista di Calvino, la sua sembra essere quasi una posizione scomoda: “Come scriverei bene se non ci fossi! Se tra il foglio bianco e il ribollire delle parole e delle storie che prendono forma e svaniscono senza che nessuno le scriva non si mettesse di mezzo quello scomodo diaframma che è la mia persona![…] Non è per poter essere il portavoce di qualcosa di definibile che vorrei annullare me stesso. Solo per trasmettere lo scrivibile che attende d’essere scritto, il narrabile che nessuno racconta.” Ma possiamo veramente accettare questa posizione di rassegnazione da parte dell’autore? Le parole sono così davvero indipendenti da qualsiasi cosa, che hanno bisogno solo di una mano per essere messe sulla carta? Da questi interrogativi possiamo passare ad analizzare questa situazione da parte dei due autori presi in considerazione.
Confrontando le due opere, a differenza di qualche anno, si possono notare sostanziali differenze, già partendo dal titolo. Il piacere del testo sembra dare l’idea di un rapporto morboso che può venire a crearsi tra testo e lettore, mentre Il lettore modello è quasi un’interpretazione teorica di questo rapporto, in cui il lettore non è più una parte passiva, ma inizierà ad avere un ruolo fondamentale.
All’interno dell’opera di Barthes si possono avere molteplici definizioni di “piacere del testo”.
“ Piacere del testo. Classici. Cultura (più ci sarà cultura, più sarà grande, diverso, il piacere). Intelligenza. Ironia. Delicatezza. Euforia. Padronanza. Sicurezza : arte del vivere. Il piacere del testo si può definire come una pratica ( senza alcun rischio di repressione): luogo e tempo di lettura: casa, provincia, pasto vicino, lampada, la famiglia dove dev’essere, cioè lontana e non lontana ( Proust nel gabinetto degli odori d’iris), ecc. straordinario rafforzamento dell’io (tramite il fantasma); inconscio ovattato. Questo piacere può essere detto: donde la critica.”
Questo inarrestabile piacere deve essere sentito e preso in tutto il suo impatto dal lettore, colui che riuscirà a vivere all’interno della contraddizione del testo in cui si susseguono contraddizioni logiche e molteplicità di linguaggi. Dovrà essere una sorta di controeroe, che affronta qualsiasi difficoltà pur di arrivare al suo piacere e al suo godimento. Di certo non sarà attratto da un testo che balbetti, che stenti. Sarà attratto addirittura dalla nevrosi. Non è un’assurdità, ma il lettore pretende che il testo lo desideri. E ciò lo può fare solo attraverso la scrittura. Unico strumento che il testo ha per coinvolgere il lettore. “La scrittura è questo: la scienza dei godimenti del linguaggio, il suo kamasutra.”
Ed ecco che si rientra in quell’aspetto, oserei dire perverso di Barthes. Forse il termine perverso non è molto esagerato in quanto più volte all’interno dell’opera, Barthes parla corporeità vera è propria del testo, di godimento, addirittura di pornografia e di erotismo. “Il testo ha una forma umana, è una figura, un anagramma del corpo? Sì, ma del nostro corpo erotico. Il piacere del testo sarebbe irriducibile al suo funzionamento grammaticale (feno-testuale) come il piacere del corpo è irriducibile al bisogno del corpo.”
È davvero possibile un rapporto così morboso tra il lettore e il testo? Attraverso le parole di Barthes sembrerebbe di sì. Il testo è un corpo. Il lettore è un altro corpo. Due corpi inevitabilmente si attraggono. Ma in questo caso, il testo non può essere attratto dal lettore perché non sarebbe possibile. Il lettore però può essere attratto dal testo, questo è possibile. Quindi lo scrittore farà riferimento a tutte le sue conoscenze, a tutte le sue capacità per far sì che il testo sia desiderato dal lettore. Però all’interno della critica di Bathes bisogna fare una differenza tra piacere e godimento. “Piacere/Godimento: questo, termino logicamente, vacilla ancora, inciampo, m’ingarbuglio. Comunque, ci sarà sempre un margine di indecisione; la distinzione non sarà fonte di classificazione certe, il paradigma cigolerà, il senso sarà precario, revocabile, reversibile, il discorso sarà incompleto.” Il piacere lo si coglie subito, lo si riconosce. Lo scrittore scrive nel piacere e lo trasmette al lettore. Ma nel momento in cui il lettore non è definito, si viene a creare uno spazio tra l’autore e il particolare lettore. Questo spazio è appunto il godimento che farà sì che il gioco della lettura sia sempre aperto. Potrei dire che il godimento di un testo sia qualcosa di molto più privilegiato rispetto al semplice piacere. Con un testo di piacere si è sicuri della lettura, è quasi una pratica confortevole. Soddisfa, appaga, dà euforia. Non avviene la stessa cose nel testo di godimento, in cui lo spazio lasciato aperto crea sconforto nel lettore , che non si riconosce più in molti suoi ideali e valori, che entra in crisi con sé stesso e anche con il linguaggio.
Parlando di piacere e godimento, di conseguenza si deve parlare anche di scrittore di piacere e scrittore di godimento. Entrambi si distinguono per gli stessi motivi della differenza fra i due tipi di testo. Il primo crea un testo di cui sarà possibile parlarne, o meglio, sarà possibile farne una critica. Il secondo non è dicibile, è interdetto, si può solo criticare solo attraverso un suo simile. Il godimento può derivare spesso dalla ripetizione incessante che caratterizza la nostra cultura moderna. Le parole, le frasi, i simboli, si ripetono all’infinito portando ad uno smarrimento del lettore. Si ritorna al principio molto caro a Barthes dell’erotismo. Infatti in questo caso la parola ripetuta all’infinito diventa erotica, si gode nel vederla ripetersi miriadi di volte. Molto di più rispetto a quando la parole è inaspettata e può rappresentare la verità.
Nel corso della mia trattazione ho dato la definizione di piacere del testo . Adesso vorrei associare a quella definizione quella di testi di godimento: “Il piacere a pezzi; la lingua a pezzi; la cultura a pezzi. Sono perversi in quanto sono fuori di ogni immaginabile finalità.[…] Non regge nessun alibi, non si ricostruisce niente, non si ricupera niente. Il testo di godimento è assolutamente intransitivo.”
Per poter giungere a questo piacere e poi in casi molto particolar al godimento, bisogna fare riferimento a degli aspetti cooperativi. Essi giocano un ruolo fondamentale,in quanto portano il destinatario a trarre dal testo ciò che il testo non dice, ma che presuppone, promette. Aspetto, questo della cooperazione che sarà affrontano dell’italiano Eco. Già in un opera precedente, Opera aperta, Eco, si era iniziato a porre il problema dell’ordine interpretativo di un’opera d’arte. Continuerà questo suo lavoro nell’opera che ho preso in esame. Eco tiene sempre in considerazione le teorie di Jakobson, circa le funzioni del linguaggio,ma ancora di più tiene in considerazione le teorie di Lévi-Strauss sul ruolo del lettore. “[…] nell’analisi di un testo, non bisogna prendere in considerazione solo il livello più astratto e profondo, ma tutti i livelli, perché il senso complessivo nasce dalla loro reciproca determinazione.”
Eco all’inizio del capitolo preso in esame, usa il termine lettore al posto di destinatario e autore al posto di emittente. Il concetto focale sul quale si incentra la sua argomentazione è attualizzazione del testo da parte del destinatario. “Un testo, quale appare nella superficie (o manifestazione) linguistica rappresenta una catena di artifici espressivi che debbono essere attualizzati dal destinatario.”
Tale processo di attualizzazione ha come protagonista indiscusso il lettore. Egli, nel momento in cui legge un testo, deve aprire il dizionario in modo da poter ricollegare ogni parole in un contesto del testo bene definito. Il lettore dovrà avere delle competenze linguistiche, che spesso però non coincidono con quelle del lettore. La maggior parte del lavoro di attualizzazione, che si ritrova a dover fare il lettore, è quello del non-detto. “Il non-detto significa non manifestato in superficie, a livello di espressione: ma è appunto questo non-detto che deve venir attualizzato a livello di attualizzazione del contenuto.”
Il lettore all’interno del testo possiede una massima libertà di movimento, grazie soprattutto a quei spazi bianchi che vengono lasciati dall’autore. Gli spazi bianchi servono appunto a dare l’idea della libertà di interpretazione che l’autore crea, il testo usa per richiamare l’attenzione del lettore e che il lettore stesso deve decodificare.
Come ho già detto, le competenze dell’autore e del lettore sono diverse. Ma ciò non toglie che l’autore aiuti il lettore nella sua opera di interpretazione. Infatti all’interno del suo stesso libro, Eco da vita ad uno schema che rappresenta una possibile strategia con la quale cercare di andare in contro al lettore. Si darà vita a quello che Eco chiama lettore modello. I mezzi che si possono usare per raggiungere questo lettore sono diversi, ma sono ben noti: la lingua, l’enciclopedia, il lessico, lo stile. Il più delle volte seguire questa strategia non solo servirà al lettore, ma aiuterà l’autore stesso nella costruzione del suo testo.
L’interpretazione di un testo serve anche a stabilire la categoria alla quale appartiene il testo. Si parla per questo di testi “aperti” e testi “chiusi”. Come si può ben capire la loro definizione è abbastanza chiara. I testi chiusi sono quelli in cui si hanno poche possibilità di interpretazione, dove si possono ben comprendere le difficoltà dell’autore nella costruzione di un testo. Viene a mancare l’utilizzo di quelle strategie di cui prima parlava Eco. Strategie che saranno invece tenute in considerazione ed utilizzate nel migliore dei modi nei testi aperti. In un certo senso l’autore guiderà in tutto e per tutto il lettore nel suo viaggio all’interno del testo..
Questo concetto del testo aperto potrebbe entrare in contrasto con quello che Barthes chiama testo di godimento, in cui il lettore è portato a perdere il filo della propria interpretazione. I protagonisti del testo sono quindi due individui, anche se la cooperazione non è data dalle loro figure, ma al contrario dalle loro strategie, che si fondono a vicenda. Infatti si parte da un autore empirico che crea un lettore modello. Ma a sua volta esiste anche un primo lettore empirico che deve crearsi una propria immagine di autore modello, attraverso i dati che gli vengono forniti dal testo. Entrambi svolgono la stessa funzione, però al contrario. Anche se in questo caso si prenderebbe come ipotesi interpretativa non più un lettore modello, ma un autore modello.
Autore, testo, lettore è un circolo in continuo movimento e da un profondo legame fra di loro. Non possono esistere separatamente. Ognuno ha bisogno dell’altro. Sarebbe impossibile sostenere la tesi del protagonista di Calvino. Egli ha paura di influenzare con la propria soggettività i fatti che già esistono e che attendono solo di essere riportati su un foglio bianco. Ma ciò non sarebbe possibile. Anche se questi fatti esistono l’autore ha il dovere di riportarli sul foglio bianco. E quella che potrebbe essere considerata come una personale interpretazione non è altro che un modo che l’autore ha di mettere in atto quella strategia di cui parla Eco, e da cui si giungerà poi all’irrefrenabile desiderio del testo di essere letto da parte del lettore.
Riferimenti bibliografici
Calvino, I.
1979 Se una notte d’inverno un viaggiatore, Mondadori, Milano
Barthes, R.
1973 Variazioni della scrittura seguite da Il piacere del testo, Biblioteca Einaudi,
Torino
Eco, U.
1979 Lector in fabula Bompiani, Milano, pag. 50-66
Pozzato, M. P.
2001 Semiotica del testo, Carocci editore, Roma
Adelia Pantano
matr. 115292
ciclo 07
matr. 115292
ciclo 07
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