modalità d'esame

per tutti gli studenti che dovranno sostenere l'esame di
Filosofia del Linguaggio mod.B a.a. 2009/2010


si rende noto che

-Il numero di battute dei propri elaborati dovrà essere compreso tra 14000 e 16000

-Bisognerà postare i propri lavori 14 giorni prima dell'appello scelto per sostenere l'esame

l'indirizzo e-mail a cui chiedere l'autorizzazione per postare è:
foucaultbarthes0910@gmail.com

per non avere problemi con le autorizzazioni si invita gli studenti ad utilizzare un indirizzo gmail per inoltrare le proprie richieste
Gli studenti che hanno usato il proprio account @mondoailati.unical.it per postare su altri blog relativi agli esami di Informatica, sono pregati di creare COMUNQUE un nuovo account

Programma d'esame

cicli: 07 e precedenti
A partire dalla sessione di giugno 2010 il programma d'esame consiste nello studio di:
-M.P. Pozzato, Semiotica del testo, Carocci
-Barthes, Variazioni sulla scrittura-Il piacere del testo, Einaudi
-Foucault, Ordine del discorso
e nella stesura di un elaborato da postare sul blog

lunedì 5 luglio 2010

IL DISCORSO: P.M.FOUCAULT E J.LACAN

Paul Michel Foucault e Jacques Lacan sono due personaggi francesi di spicco del 900 che hanno prestato molta attenzione al concetto di discorso. P. M. Foucault è un grande saggista e filosofo, nato a Poitiers nel 1926. Negli anni dell’università studia filosofia e psicologia e da subito si dimostra un ragazzo stravagante, solitario che ha vissuto in condizioni problematiche la sua omosessualità tanto da sottoporsi ad analisi per qualche tempo e rischiare per bene tre volte il suicidio. Durante i suoi studi, ebbe modo di approfondire anche il pensiero dello psicoanalista J. Lacan, grande personaggio del mondo psichiatrico e filosofico parigino. La lingua è stata al centro del pensiero di Lacan e il tema intorno al quale si è sviluppato il suo modo di fare analisi. Lacan è l’artefice di un ritorno a Freud nell’analisi del linguaggio e dietro questo richiamo, c’era la considerazione della psicoanalisi come un’esperienza di discorso. Freud parlava delle linee di discorso che, con un movimento proprio, si dirigono verso il nucleo patogeno. Per Lacan non è l’uomo che parla ma il linguaggio. Foucault nelle sue opere come ad esempio “L’ordine del discorso”, intende mostrare l’ordine, sempre differenziato e mobile, che presiede alla produzione dei discorsi, degli oggetti che questi suscitano, dalle posizioni soggettive che vi sono implicate. Quest’analisi è rivolta allo studio della funzione del discorso, analizza le varie forme in cui in ogni società la produzione del discorso è al tempo stesso controllata e selezionata, in modo da scongiurarne i poteri e pericoli e da padroneggiarla. In questo studio del discorso Foucault come Lacan, dimostra interesse per Freud e per le perizie psichiatriche con lo scopo di misurare all’interno di esse, l’effetto del discorso. Per Foucault, ogni relazione intersoggettiva, è sempre una relazione di potere. E ogni relazione di potere presuppone le proprie strategie, i propri meccanismi e un sapere specifico che ne è la condizione di esercizio.
FOUCAULT : Meccanismi e procedure di controllo del discorso
Secondo Foucault in società come la nostra vi sono procedure di esclusione e di controllo esterne che colpiscono il discorso: la parola interdetta, la partizione della follia e la volontà di verità.
- La più evidente è quella dell’interdetto: si sa che non si può parlare di qualunque cosa. Gli interdetti che colpiscono i discorsi rivelano che essi sono legati per sua natura al potere e al desiderio. Attraverso il discorso si lotta per cercare di impadronirsi del potere e allo stesso tempo è anche manifestazione di desidero. Gli interdetti non hanno la stessa forma nel discorso letterario o ad esempio in quello psichiatrico.
- -Un altro principio di esclusione è una partizione (partage) e un rigetto: qui è fondamentale il legame del discorso con la follia. Nel Medioevo la parola del folle era una considerata nulla, non aveva importanza o veniva considerata come una parola di verità. “Dal profondo Medioevo il folle è colui il cui discorso non può circolare come quello degli altri: capita che la sua parola sia considerata come nulla e senza effetto […]; capita anche, in compenso, che le si attribuiscano, all’opposto di ogni altra parola, strani poteri, quello di dire una verità nascosta”. (L’ordine del Discorso e altri interventi, Foucault, pag. 6). Il folle si riconosceva dalle sue parole attraverso le quali si compiva la partizione tra la sensatezza e l’insensatezza. Prima del XVIII secolo, nessun medico aveva prestato attenzione al discorso del folle. La partizione oggi non si è cancellata ma agisce attraverso linee diverse, attraverso istituzioni nuove, medici, psicoanalisti che ascoltano e decifrano la sua parola.
- -Una terza procedura di esclusione considerata da Foucault è l’opposizione del vero e del falso: si tratta sempre di una partizione storica che ha delineato la nostra volontà di sapere. La volontà di verità ha attraversato molti secoli; per i poeti greci del IV secolo si doveva avere timore e rispetto per il discorso vero perché esso diceva la giustizia e profetizzava il futuro; il discorso era vero se era pronunciato dalla autorità legittimata secondo una ritualizzazione canonica. Un secolo dopo il discorso era vero in base a quel che effettivamente diceva. Tra Esiodo e Platone si è stabilita una partizione che ha diviso il discorso vero da quello falso. A partire da qui, inizia la storia della volontà di sapere; questa volontà di verità, come gli altri sistemi di esclusione, poggia su istituzioni che, insieme al modo in cui il sapere è messo in opera in una società, la rinforza e la riconferma. Questa volontà di verità così intesa tende ad esercitare sugli altri discorsi una pressione e un potere di costrizione. ‘..Questa volontà di verità, come gli altri sistemi d’esclusione, poggia su di un supporto istituzionale: essa è rinforzata, e riconfermata insieme, da tutto uno spessore di pratiche come la pedagogia, certo, come il sistema dei libri..’ (L’ordine del discorso e altri interventi, Foucault, pag. 15). Ciò che conta, quindi, è come la società valorizza, distribuisce e attribuisce il sapere (e la verità).
Queste procedure di controllo sul discorso appena elencate che fanno riferimento al potere al desiderio, si esercitano dall’esterno e sono state chiamate sistemi d’esclusione ma ci sono altre procedure che hanno la funzione di principi di classificazione che invece sono interne e riguardano un altro aspetto del discorso: quello dell’evento (événement) e del caso:

commento: Secondo Foucault, nelle società vi è un dislivello tra i discorsi: quelli che , e che passano con l’atto stesso che li ha pronunciati, e quelli che , creatori di atti nuovi che restano detti e sono ancora da dire (testi religiosi, giuridici, quelli letterari e alcuni testi scientifici). Le categorie non sono immodificabili o date una volta per tutte: quello che oggi si commenta domani sarà dimenticato: quel che resta è la funzione. Un commento consente di costruire nuovi discorsi e ha come scopo ‘di dire infine ciò che era silenziosamente articolato laggiù’( L’ordine del discorso e altri interventi, pag.13 ). Esso deve ripetere ciò che è stato detto e anche ciò che non è mai stato detto e consente di dire qualcosa di diverso dal testo stesso pur facendo sempre riferimento ad esso. Il commento è un discorso che non nasce dal caso, parte da un testo, dice cose anche diverse, ma ripropone il testo di partenza. Nel commento ‘..il nuovo non è in ciò che è detto, ma nell’evento del suo ritorno’ (L’ordine del discorso e altri interventi, Foucault, pag. 22).
L’autore: è un altro principio di rarefazione di un discorso ed è legato al primo. L’autore deve essere considerato non come l’individuo parlante che ha scritto un testo ma ‘ come principio di raggruppamento dei discorsi, come unità di origine dei loro significati’ (L’ordine del discorso e altri interventi, Foucault, pag. 14). Nel Medioevo, non tutti gli autori si preoccupava di rendere nota la sua identità e l’attribuzione di un testo ad un autore era importante in quanto era indice di verità; la funzione dell’autore non ha cessato di rafforzarsi soprattutto nel campo della letteratura. L’autore sceglie le parole che dovranno comporre un’opera che forse resterà e propone nella quotidianità altre parole che invece cadranno. Si chiede all’autore di riconoscere l’unità del testo che va sotto il suo nome e di svelarne il senso nascosto, facendo riferimento delle sue esperienze di vita. La funzione dell’autore, ciò che scrive e ciò che non scrive, dipende dall’epoca in cui vive. Il principio dell’autore, invece, limita il discorso alla sua individualità e all’io, cerca di dare coerenza alle infinite possibilità del linguaggio.
Le discipline: o l’organizzazione dei saperi disciplinari, definite come un insieme di campi e metodi, è un altro principio relativo e mobile di limitazione che consente di costruire e i risultati funzionano come principio di controllo della produzione del discorso. Esso si oppone sia al principio dell’autore sia a quello del commento poiché una disciplina non è individualizzante, ma si definisce per un campo di oggetti, metodi, regole, definizioni, proposizioni considerate vere: tutto ciò è sempre a portata di chi vuole servirsene. Il principio della disciplina si oppone anche a quello del commento perch,é per esserci disciplina, ci deve essere la possibilità di formulare sempre nuove proposizioni, nuovi enunciati. La disciplina non è ripetitiva ma dunque propositiva. La medicina non si costituisce da tutte le verità che si riferiscono ad una malattia. Ogni disciplina, come la stessa medicina, è fatta di verità ma anche di errori che però hanno una funzione positiva. Una proposizione, per far parte di una disciplina deve far parte di una teoria e deve rispondere a determinate esigenze. Ogni disciplina riconosce proposizioni vere e false. ‘Mendel diceva il vero ma non era nel del discorso biologico del suo tempo[…] è occorso tutto un mutamento di scala, il dispiegamento di tutto un nuovo piano d’ oggetti nella biologia, perché Mendel entrasse nel vero e le sue proposizioni apparissero (in buona parte) esatte. (L’ordine del discorso e altri interventi, pag.18)

Foucault parla poi di un terzo gruppo di procedure di controllo del discorso che riguardano la loro messa in opera e che impongono determinate regole agli individui che vogliono tenerli (soggetti parlanti). Per entrare nell’ordine del discorso bisogna essere qualificati e devono essere soddisfatte certe esigenze. Secondo Foucault, lo scambio e la comunicazione sono ‘figure positive che operano all’interno di sistemi complessi di restrizione’(L’ordine del discorso e altri interventi, Foucault, pag.20). Il rituale è un sistema di costrizione che implica comunicazione e definisce la qualificazione (tutto l’insieme di segni che devono accompagnare il discorso: gesti, comportamenti, circostanze) che devono avere gli individui che parlano. Un esempio chiarificatore possono essere i discorsi religiosi, giudiziari che sono sempre accompagnati da un rituale.
Diversamente funzionano le che proteggono i discorsi per farli circolare in uno spazio chiuso. Un esempio ci è fornito dai rapsodi greci che conoscevano i poemi da recitare e difendevano in un determinato gruppo questo loro sapere. Oggi le società di discorso continuano ad esistere ma con modalità di esclusione e divulgazione diverse; come esempi possiamo pensare all’atto dello scrivere che rimane diffuso ma costrittivo o al segreto tecnico o scientifico.
Le (religiose, politiche..) contengono un numero limitato di parlanti e un discorso può circolare solo all’interno di questa cerchia. A differenza delle società di discorso, la dottrina si diffonde tra gli individui attraverso il riconoscimento delle stesse regole e verità. Le dottrine mettono in causa il soggetto a partire dall’enunciato e viceversa in quanto esse sono intese come uno strumento di appartenenza e legano gli individui a certe enunciazioni differenziandoli dagli altri. Foucault parla anche di educazione come lo strumento che permette all’individuo di accedere a qualsiasi tipo di discorso.
Il pensiero filosofico ha annullato la realtà del discorso ponendosi a disposizione del significante. In tutte le società si può ravvisare una certa logofobia, una sorta di timore, per controllare la parte più dannosa e incontrollabile del discorso. Se vogliamo analizzare gli enunciati bisogna ‘rimettere in questione la nostra volontà di verità; restituire al discorso il suo carattere d’evento; toglier via infine la sovranità del significante’(L’ordine del discorso e altri interventi, Foucault, pag.26). Quest’analisi prevede alcuni principi di metodo:
-Principio di rovesciamento: bisogna considerare autore, disciplina, volontà di verità non come fonti da cui il discorso fluisce libero e si moltiplica, ma fattori restrittivi di rarefazione del discorso.
-principio di discontinuità: i discorsi sono pratiche discontinue che si intrecciano, affiancano ma anche ignorano ed escludono.
-principio di specificità: il discorso è una pratica, una violenza che si impone alle cose, non spiega, non decifra la natura del mondo e delle cose. Il discorso però rende regolari gli eventi.
-principio dell’esteriorità: non andare dal discorso verso il contenuto interno e profondo, ma partire dal discorso per cercare le possibilità esterne che limitandolo, lo hanno reso ciò che è.
Come principi regolativi dell’analisi Foucault parla di 4 nozioni: l’evento che si oppone alla creazione, la serie che si oppone all’unità, la regolarità che si oppone all’originalità e la condizione di possibilità che si oppone al significato. I discorsi sono insiemi di eventi discorsivi. Gli eventi vengono considerati dagli storici; essi si presentano come effetti di e in una dispersione materiale.
Gli eventi discorsivi, devono essere trattati secondo serie omogenee ma discontinue. Tale discontinuità colpisce l’istante e il soggetto. Secondo Foucault, bisogna elaborare una teoria delle sistematicità discontinue. Seguendo questi principi il filosofo opera secondo due prospettive: da una parte l’insieme , che consiste nell’individuare le forme di limitazione ed esclusione e mette in opera il principio del rovesciamento ; dall’altra l’insieme , che mette in opera gli altri tre principi e si occupa di come si sono formate le serie di discorsi, quali sono state le loro condizioni di cambiamento e di crescita. L’insieme critico analizza le funzioni di esclusione: si occupa della partizione tra follia e ragione all’epoca classica, dell’interdetto del linguaggio e della tematica della sessualità sino alla sua comparsa in medicina e psichiatria, di come si sia costituita la verità del sapere, dell’efficacia del discorso nella medicina e nella psichiatria, analizza i principi dell’autore, del commento e della disciplina (procedure di limitazione), dello studio della figura dell’autore e dell’opera, del ruolo svolto dai padri delle discipline (soprattutto Freud nella psicoanalisi). L’insieme genealogico riguarda come i discorsi si formano all’interno e all’esterno dei limiti di controllo e analizza: i processi di rarefazione, di raggruppamento e di unificazione dei discorsi, la loro formazione discontinua e regolare insieme. Foucault non vuole far una netta separazione tra i due compiti, critico e genealogico, i quanto essi si intersecano e devono sorreggersi a vicenda per completarsi e la loro differenza non sta nel loro oggetto di analisi ma nella loro prospettiva. La parte critica dell’analisi vuole individuare i principi di ordinamento, esclusione e di rarità del discorso e, come dice Foucault, è quello della “studiosa disinvoltura”; la parte genealogica vuole cogliere la sua formulazione effettiva attraverso un “positivismo felice”.

LACAN : I quattro discorsi
Nel Seminario XVII intitolato “Il rovescio della psicoanalisi” che Jacques Lacan tenne nel corso dell'anno 1969-1970, lo psicoanalista descrive 4 quattro discorsi i quali funzionano come una logica discorsiva e sono ancora oggi un strumento molto importante per la clinica e per la società. Attraverso la teoria dei 4 discorsi Lacan formula, all’interno della psicoanalisi, una teoria del potere. Egli riprende il progetto di Freud a rovescio, come punto di arrivo, mettendo in evidenza la ripetizione( che Lacan chiama godimento) come essenziale dell’inconscio, che fa da limite al sapere. La sua ottica viene intesa come “il ritorno a Freud”; Lacan riformula la struttura del discorso dando un luogo fondamentale al godimento e presentandolo, sia come legame sociale, che come discorso senza parole. Ciò che interessa allo psicanalista è il modo in cui il discorso si inserisce nel godimento. La concezione del discorso di Lacan è diversa da quella della linguistica che la colloca a livello dell’atto di parola. La parola per Lacan ha uno statuto diverso ed è solo un aspetto della struttura del discorso. Esso costituisce un modo d’uso del linguaggio che funziona come vincolo tra gli esseri parlanti, è il modo in cui un soggetto si rapporta con il godimento in gioco nel suo rapporto con l’Altro. Il godimento non è il piacere, ma esprime semmai la soddisfazione nel dispiacere, un paradosso soggettivo per cui si arriva a dire dei propri sintomi: «non ne posso più ma non ne posso fare a meno». Ogni legame sociale presuppone il discorso. In questo senso il discorso è il modo in cui ognuno abita il linguaggio. Lacan descrive il discorso come un’armatura di base che permette al soggetto di trovare un limite al godimento in modo da stabilire un legame sociale. Egli distingue quattro modalità di legame sociale discorso che chiama matemi, che sono formule essenziali per l’insegnamento della psicoanalisi. I matemi discorsivi sono quattro: discorso del padrone, dell’isterica, dell’università e dell’analista. Ognuno di essi è costituito da una struttura di base che vede quattro posti fissi: agente (o parvenza), Altro, produzione e verità e 4 termini (S1, S2, a, S) che ruotano nei posti e rappresentano una specifica struttura discorsiva, un giro discorsivo. Il posto dell’agente è il luogo dominante del discorso ed è quello che agisce sull’Altro. A differenza degli strutturalisti a Lacan non interessa come è fatto un discorso ma cosa agisce nel discorso. L’agente nel discorso è l’elemento decisivo per la direzione del discorso stesso; esso trova posto nel discorso del padrone nella legge (S1), nel discorso dell’isterica nel soggetto o sintomo (S), nel discorso universitario nel sapere (S2) , nel discorso analitico nell’oggetto (a). Il posto dell’altro è il luogo a cui il discorso si indirizza; esso è un luogo e ad esempio nel discorso dell’isterica non è una persona ma il significante. Il posto della produzione è il prodotto del discorso ma anche il suo scarto; esso è quindi il luogo della produzione ma anche della perdita. Il posto della verità è quello che fonda il discorso e per Lacan (come per Freud) è legata alla rimozione e al sapere inconscio; la verità è in rapporto con il dire, essa è clinicamente un mezzo-detto , una semi-verità.
La psicoanalisi è rivoluzionaria? La risposta a questo interrogativo viene ricercata da Lacan nell'individuare il punto di differenziazione tra il discorso del Padrone e quello analitico. Ciò che Lacan vuole dimostrare è l'eterogeneità della posizione dell'analista dalla posizione del padrone. In quest'ultimo ciò che si trova in una posizione dominante è la regola universale, la legge, il comando, la gerarchia, la norma consolidata universalmente. Il discorso del Padrone incarna in fondo l'antagonista politico della contestazione studentesca. Nel discorso dell'analista nella posizione dominante non c'è il comando, il potere del capo, il potere dell'insegna sociale, ma l'oggetto piccolo (a) in quanto oggetto da sempre perduto( il godimento). Tale perdita è una condizione necessaria alla produzione dell’economia del discorso. Il discorso del Padrone è per Lacan, il discorso del divieto, dell'interdizione del godimento. Esso esclude il fantasma (la fantasia) perché vuole solo che la regola sia applicata; al contrario il discorso analitico, funziona non grazie al rispetto della regola ma alla passione che orienta il desiderio del soggetto e che Lacan chiama oggetto piccolo (a). L’analista deve essere neutrale, a distanza dal soggetto per far si che quest’ultimo si incarni con il suo fantasma. Egli la parte del morto per frustrare il paziente, per farlo impigliare nella rete del linguaggio affinché si giunga alla parola piena della verità. Così, mentre la logica del padrone produce un’identificazione cieca con il capo, con l’altro, quella analitica deve dimostrare la caduta dell’identificazione al Padrone attraverso un processo di separazione. In questo senso la logica dell’analista rovescia quella del padrone. Lacan dice la differenza tra il Padrone e l’analista è che mentre il padrone punta alla normalità e desidera solo che la cosa funzioni, senza voler sapere nulla, l’analista, attraverso il suo sapere, vuole invece arrivare alla verità. L’azione dell’analista si traduce nell’interpretazione per cercare di entrare nella testa del paziente; ciò rappresenta il cammino che porta un soggetto a fare prova della verità che ha acquisito su se stesso in termini di sapere. Di questo se ne occupa soprattutto il discorso isterico, il quale vede al centro né il comando imperativo (discorso del padrone), né l’oggetto perduto del desiderio (discorso dell’analista), ma il sintomo del soggetto. Lacan chiama “isterizzazione del discorso” il movimento che spinge un soggetto a voler sapere la causa della sua sofferenza senza affidarsi al discorso medico. Bisogna considerare che l’isterica si rivolge a colui che si colloca nella posizione di padrone (maestro, medico, marito) per metterlo in questione, per smascherarlo e denunciare il suo sapere come incompetente; in questo modo, fa del padrone una sorta di “pedone” perché gode dell’impotenza del suo sapere e lei così “fa da regina”, mantenendo nascosta la sua verità.. Furono proprio le isteriche a guidare verso il soggetto dell’inconscio Freud che si occupò molto del discorso del sintomo isterico. Il discorso dell’isterica può rappresentare il modello di quello dell’analizzante. L’isterica è nata per mettere in questione il padrone e per lei il sapere è il luogo di godimento; è alla ricerca di un sapere della verità, non si accontenta del sapere universale della medicina e per questo essa porta ad un nuovo sapere mettendo, come afferma Lacan, il sapere della scienza al puro servizio della verità, diversamente dal discorso universitario che invece rinuncia ad ogni elemento di innovazione e creazione poiché si limita a ripetere servilmente il discorso del Padrone. Il discorso universitario è il modello del discorso della conoscenza razionale. Questo discorso non riguarda solo l’insegnamento universitario ma ogni pratica discorsiva d’istruzione. Secondo Lacan esso rappresenta il passaggio del discorso del padrone antico a quello moderno. Qui, il saper fare del servo, viene trasformato in sapere teorico (o sapere del padrone), sprovvisto del godimento che gli era proprio come sapere del servo. Lacan parla di questa sottrazione in termini di “furto”. La decadenza del discorso del padrone, che può intendersi anche come un declino della funzione paterna, e il suo rimpiazzo con il discorso universitario, fa sì che la società funzioni come se fosse un università. Così gradualmente, il tecnico, lo specialista hanno rimpiazzato il capo come padrone antico e anche il padre. Secondo Lacan il sapere della scienza si è burocratizzato e la stessa burocrazia cerca infatti di supplire il nome del padre che è in declino. Questo rappresenta il tentativo, condannato sempre a fallimento, di normalizzare il godimento attraverso tecniche che misurano il comportamento, ecc.. I tentativi di educare la pulsione falliscono sempre perché c’è qualcosa del godimento singolare di ciascuno di noi che non si consegna al padrone. Per questo motivo Freud diceva che governare, educare e psicoanalizzare sono tre professioni impossibili. Il matema del discorso universitario mostra come, dietro a un tentativo di insegnare una certa conoscenza, c’è un tentativo di comando, governo dell’altro a cui è attribuito un sapere. In questo discorso il sapere è morto, perché si studia l’altro avendo scartato il problema del godimento e della soddisfazione. Il discorso universitario, sotto la forma delle argomentazioni degli esperti, ha cominciato a organizzare ciò che è più intimo nella vita privata e anche ciò che è pubblico; persino i politici giustificano le loro azioni sostenendo che le loro decisioni poggiano sulle conoscenze degli esperti e non perché controllano i fili del potere. L’isterica è colei che mette in questione il sapere universalizzato per difendere la sua singolarità. In questo senso, il discorso isterico costituisce il rovescio del discorso universitario nel quale il sapere è agli ordini del potere. Lacan rapporta il discorso universitario con la scienza facendo notare la base su cui essa poggia. Tale sapere formalizzato s’indirizza allo studente (o astudato) come oggetto. Il sapere accumulato è un sapere tecnico e comandato dai significanti padroni, perciò ogni verità che punti all’apertura di un sapere, risulta ostacolata dall’imperativo del padrone che spinge ad accumulare più sapere. Come afferma Foucault in “Sorvegliare e punire”, ciò che è proprio dell’”età moderna del potere” è la convergenza tra sapere e potere.



Monia Colella

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