modalità d'esame

per tutti gli studenti che dovranno sostenere l'esame di
Filosofia del Linguaggio mod.B a.a. 2009/2010


si rende noto che

-Il numero di battute dei propri elaborati dovrà essere compreso tra 14000 e 16000

-Bisognerà postare i propri lavori 14 giorni prima dell'appello scelto per sostenere l'esame

l'indirizzo e-mail a cui chiedere l'autorizzazione per postare è:
foucaultbarthes0910@gmail.com

per non avere problemi con le autorizzazioni si invita gli studenti ad utilizzare un indirizzo gmail per inoltrare le proprie richieste
Gli studenti che hanno usato il proprio account @mondoailati.unical.it per postare su altri blog relativi agli esami di Informatica, sono pregati di creare COMUNQUE un nuovo account

Programma d'esame

cicli: 07 e precedenti
A partire dalla sessione di giugno 2010 il programma d'esame consiste nello studio di:
-M.P. Pozzato, Semiotica del testo, Carocci
-Barthes, Variazioni sulla scrittura-Il piacere del testo, Einaudi
-Foucault, Ordine del discorso
e nella stesura di un elaborato da postare sul blog

lunedì 5 luglio 2010

Potere e Linguaggio



POTERE E LINGUAGGIO:

l'Ordine del Discorso

come tentativo di assoggettamento del Pensiero

e isolamento degli individui.


Attraverso il suo discorso d'apertura che segna l'inizio del suo insegnamento presso il Collage de France , Michael Foucault , affronta un tema su cui pochi hanno riflettuto in maniera così diretta , preferendo affidare le proprie considerazioni a metafore narrative e letterarie , che spesso però sono state poco comprese a causa della complessità a dell'apparente trasparenze dell'elemento in discussione, confondendo la cruda realtà con la fantascienza.

Stiamo parlando del discorso e del linguaggio in generale che a differenza di quanto si creda, secondo Foucault, è uno strumento di controllo non indifferente, non solo perchè è un fenomeno che investe praticamente tutta la società umana vivente sulla terra, ma anche perchè vi è una sorta di assoggettamento spontaneo al linguaggio: esso ci circonda fin dalla nascita , cresciamo con e attraverso esso,e senza non sarebbe neanche lontanamente prospettabile una società come la nostra.

Ma la convinzione dell' originalità e della libertà con cui ci muoviamo in esso, e che, a parer comune caratterizza il fenomeno linguistico, non è che l'elemento meschino del linguaggio che, presentandosi sotto mentite spoglie ci costringe a vivere una condizione anosognostica che ci rende facilmente assoggettabili.

Il linguaggio, che nella visione comune è definito come strumento di comunicazione, è in realtà molto di più. Esso è considerato dai più alti teorici dell'evoluzionismo ( tra cui Darwin) il tratto distintivo della specie umana , l'elemento caratterizzante,quel'1,5% di patrimonio genetico che segna lo scarto evoluzionistico tra noi e i primati;per la fenomenologia e i teorici della mente rappresenta la possibilità di sintesi e l'unico elemento che rende possibile la creazione della conoscenza condivisa nell' intersoggettività;alla tradizione piagetiana che ne fa l'elemento fondante del proprio se , fanno eco i teorici dell'esperienza sonora , tra cui spicca Tomatis che parla di specchio sonoro tra madre e bambino: quel filo conduttore che permetterebbe attraverso la voce materna di costruire in primis la nostra identità soggettiva, e costituirà in seguito l'elemento di possibilità di distinzione tra il sé e l'altro.

La fondamentale importanza del linguaggio è ormai risaputa e non mi sembra il caso di scomodare le tradizioni ermeneutiche ed analitiche per continuare a ribadire il concetto: Il linguaggio è tutto ciò che ci circonda e tutto ciò che siamo, esso è l'estrinsecazione di un processo di semiosi, che rappresenta l'unica fonte di possibilità che ha una mente di rapportarsi con il mondo e di crearsi la consapevolezza non solo della realtà esterna ma anche della propria stessa esistenza.

Tuttavia gli uomini usano il linguaggio in maniera così spontanea e meccanica , da dimenticare spesso , non solo la sua cruciale funzione , ma anche che questa pratica non è resa possibile solo grazie ad una facoltà innata, più volte segnalata da numerose correnti di studio , ma che esso è frutto di una convenzione sociale.

Quando nasciamo ci troviamo catapultati in una determinata etnia, in una specifica società avente una propria cultura e una propria lingua. Nello stesso modo in cui aderiamo in maniera spontanea e non consapevole alla maggior parte di usi e costumi che ci circondano, anche la comunità linguistica ci rende parte integrante del proprio organismo, automaticamente.

Ci troviamo così ad aderire ad un sorta di setta chiusa , più o meno allargata che ci fa sentire quello che si chiama “senso di appartenenza” , ma nello stesso tempo ci isola dalle altre comunità e ci rende, e rende gli altri, diversi rispetto a noi.

L'adesione ad una comunità linguistica ha i suoi pro e i suoi contro. Essa implica cioè l'adesione a delle regole che se da una parte ci permettono di uscire dal così detto “mentalese” o “idioletto” dall'altra probabilmente ci porta a rischiare in maniera quasi del tutto inconsapevole, componenti essenziali di tutti gli esseri viventi , cui fa capo La Libertà.

Ma ne vale davvero la pena?

É proprio in questa prospettiva che si staglia la riflessione di M. Foucault ne “l'Ordine del Discorso”.

Prima di capire di che tipo di libertà stiamo parlando e in che senso il nostro autore parla di Ordine, vorrei fare un inciso.

É ovvio che nessuno potrebbe mettere in discussione l'importanza di avere un qualche insieme di regole che ci garantisca la comprensione reciproca, che è poi la base della socialità e della sopravvivenza di noi esseri umani; tuttavia è importante porre al centro alcune riflessioni nonostante la mia sensazione sia quella che esse portino effettivamente alla chiusura in un circolo vizioso di riflessioni,che condurrebbero all'eremitismo nonché all'afasia, colui che le praticherebbe con meno distacco rispetto al nostro. A mio avviso, pertanto, la presa di coscienza basta e avanza ,più che altro per cercare di vedere il linguaggio sotto una prospettiva diversa: ovvero come una “gabbia” senza la quale però non potremo sopravvivere.

Probabilmente il connubio di termini “Ordine del discorso” potrebbe farci fraintendere le vere intenzioni dell'autore.

A primo acchito ci viene infatti da pensare che il contenuto di un testo arrecante tale titolo sia quello di un qualsiasi testo normativo, che parli di grammatica e di regole sintattiche per la costruzione di periodi, frasi o proposizioni. Leggerlo in questi termini è quanto più di restrittivo si potesse fare. Certo anche questi elementi sono inclusi all'interno dell'ordine del discorso di cui Foucault parla, tuttavia il concetto è molto da estendere. Quando parliamo di Ordine del discorso bisogna pensare non solo all'ordine interno di una lingua stabilito in seguito all'educazione e alla “piega” che, nel corso della sua formazione, quella determinata lingua ha preso rispetto ad un'altra, ma anche ad un ordine sistemico è profondo che parte da un controllo istituzionale su qualsiasi prodotto della mente umana e quindi anche sulla produzione linguistica, di cui i primi (cioè l'ordine interno di una lingua) sono solamente conseguenze indotte.

Anche il concetto di produzione linguistica è da intendersi in senso molto lato, poiché non si intende solo un controllo dell'istituzione sui mezzi di comunicazione,fenomeno non certo nuovo, ma un controllo ben più serrato che deriva da anni e anni di sottomissioni, di chiusure culturali e di “BrainWash”.

I rapporti interpersonali si svolgono con, per e nella lingua.

Una lingua è di per se istituzionalizzata e regolata da norme che sempre più spesso prescindono dalle vere esigenze delle strutture linguistiche stesse: modi, tempi, argomenti, tutto è influenzato da un potere che pervade la lingua e ne fa elemento strumentale per il controllo delle relazioni sociali e della mente inquanto singola unità.

In particolar modo Foucault rintraccia 3 tipi di sistemi di esclusione che limitano la produzione linguistica :

  • L'interdizione
  • La partizione della follia
  • La volontà di verità

Il primo di riferisce alla censura e all'auto censura che dipendono dalle variabili dell'argomento , del soggetto parlante e del contesto. Nella fattispecie si riferisce all'impossibilità di dire tutto in qualsiasi momento; la nostra società è permeata di tabù soprattutto se si pensa ad esempio, ai discorsi dal contenuto sessuale; ma l'interdizione può anche riguardare il soggetto stesso, ad esempio vi sono i casi di determinate produzioni linguistiche in cui è richiesto che il soggetto sia “quello richiesto dal protocollo” affinchè il discorso sia efficace (il rituale).

La partizione della follia si riferisce all'inefficacia dei discorsi e delle volontà esplicate e non dei soggetti considerati folli o interdetti. In passato i folli non avevano alcuna rilevanza sociale e la loro volontà non veniva in nessun modo presa in considerazione. Volendo capovolgere il rapporto tra causa ed effetto possiamo portare alla luce la lunga tradizione di pregiudizi intorno agli afasici, fortunatamente interrotta da Paul Brocà nel 1861, che dimostrò le capacità di giudizio dei pazienti affetti da afasia: fino a tale data infatti l'afasia era considerata fonte di perdita delle capacità di intendere e di volere, e portava dal punto di vista sociale e giudiziario alla perdita completa di tutti i diritti.

Il terzo criterio di esclusione o limitazione si riferisce allo spostamento del criterio di verità : dal discorso ben fatto, oggi infatti tale criterio è intrinsecamente legato al paradigma empirico-scientifico.

Il rapporto tra linguaggio e fattori economici, sociali , culturali , politici ecc. di una comunità è ambivalente. Il linguaggio e la sua organizzazione influenza gli stessi e ne è influenzato. Credo sia questo l'elemento fondamentale che Foucault ha voluto porre in rilievo: l'influenza reciproca tra sistema linguistico e sistema mondo, la dipendenza di questi ultimi dal pensiero e la conseguente trasformazione dei rapporti interpersonali.

Il pensiero sfugge all'apparenza da qualsiasi tipo di controllo, tuttavia il soggetto è continuamente influenzati ed esposto ai “fattori del proprio tempo”, che ne modificano i criteri di valutazioni e di percezione delle cose: sistemi educativi caratterizzate da particolari pratiche punitive e di assoggettamento possono condurre non solo alla censura linguistica ma anche psichica (non poche volte infatti si evitano di dire alcune cose, e a volte anche di pensarle, cioè ci si autocensura).

Per meglio spiegare il rapporto stretto tra assoggettamento linguistico e psichico userò una metafora letteraria. Nel 1948 esce dalla penna di G. Orwell uno dei più grandi capolavori letterari della produzione artistica del primo 900: !984 (di cui il genio di Radford ne farà anche un capolavoro cinematografico nell'omonimo anno).

Al fine di controllare ogni aspetto della vita dei propri sudditi, il sistema Oceania introduce non solo il reato Psicologico,che, basato sulla legge del legittimo sospetto ,si regge su un sistema di terrore che si concretizza con l'esecuzione capitale pubblica di coloro che la pensano in modo diverso. Ma un sistema del genere non poteva non prevedere un riorganizzazione linguistica : ogni anno il SOCING divulga nel paese nuovi dizionari per educare la popolazione alla così detta Neolingua, una lingua che prevede sempre meno termini attraverso l'abolizione di lemmi inutili e la loro sostituzione con forme più semplici ,composte ,prefissate e suffissate.

Il pensiero verbale viene limitato dalla diffusione di sempre meno termini che si accompagna all'abolizione di concetti rivoluzionari e dissidenti, in poche parole è il tentativo di infantilizzare le menti e di disarmarle di pensieri complessi e che potrebbero sfuggire al controllo delle istituzioni.

Non credo che una prospettiva tanto catastrofica potrebbe realmente concretizzarsi, tuttavia non serve un'analisi molto approfondita per scoprire nel linguaggio pubblico e privato odierno un repentino ed inarrestabile processo di svuotamento dei concetti più alti a causa del loro uso non idoneo in determinati contesti: amore, pace ,rivoluzione, coesione sociale sono ormai “solo parole”.

Svuotare le parole dei propri significati, significa svuotare le menti dei concetti su cui si basa la loro valutazione critica del reale.

É facilmente intuibile che in questa prospettiva anche i rapporti interpersonali vengono ad essere distorti. Ciò di cui Foucault parla in un passo del suo discorso è anche il tentativo di controllo del discorso tra i soggetti. L'esempio ci è offerto tanto dall'opera orwelliana quanto dall'opera di Brabury, Fahrenheit 451, altra pietra miliare della letteratura contemporanea. In entrambe le opere è messo ben in evidenza ciò che si rischia nel momento in cui il rapporto IO-TU viene ad essere interrotto.

L'isolamento, la paura dell'altro ,il sospetto rendono l'individuo indifeso e facilmente plagiabile, in quanto non ha più la sicurezza che ciò che lo circonda sia effettivamente reale , poiché questa sicurezza solo l'altro può offrircela attraverso le sue parole.

La storia ci insegna che, al di là di metafore drammatiche e dai contorni fantascentici, che la letteratura di ogni epoca ci mette a disposizione, ogni regime basa la propria tattica di controllo sull'isolamento dell'individuo che non potendosi più confrontare perde il senso della realtà.

È doveroso a questo punto fare un piccolo accenno circa le strutture linguistiche e i modi di rapportarsi al linguaggio e al discorso da parte di particolari forme di regimi restrittivi.

I “Totalitarismi” sono sempre stati caratterizzati da particolari tipi di strutture linguistiche : il linguaggio del despota è spesso caratterizzata da un impostazione forte e severa non solo nei termini usati,ma anche la fermezza della voce e il tono sempre alto sono appositamente studiati per incutere timore e contribuire a creare quel clima di sottomissione che fa del popolo, sudditanza.

Al dì là delle strategie dialettiche dei capi di regime, a mio avviso possiamo riscontrare anche delle costanti sul rapporto tra l'istruzione e l'educazione e i vari regimi. Quando si tratta di creare una situazione di sottomissione , la scuola , gli enti di istruzione istituzionalizzata nonché i centri di divulgazione comunicativa pubblica e privata, sono sempre stati presi di mira al fine di infondere determinate idee e concetti e di indurre a certi tipi di comportamenti.

Credo che sia in questo senso che Foucault muove critica ai modi e agli scopi che spingono ad una certo tipo di organizzazione della didattica pittosto che un'altra. A tal proposito possiamo fare un piccolo accenno al linguaggio stesso della didattica. Durante il corso della storia non sono cambiati solo le materie insegnate, modi tempi e luoghi d'insegnamento, ma anche il rapporto insegnante-studente si è modificato. Nella crescita emotiva e culturale di ognuno di noi, credo che questo rapporto possa essere quasi paragonato al rapporto genitore-figlio , in quanto a mio avviso l'insegnante supplisce spesso alle lacune dei genitori in ambito non affettivo ma culturale. Nell'insegnamento però è stato troppo spesso adottato un modello clericale di comunicazione : dove il dialogo è praticamente assente e le nozioni sono elargite quasi sempre in un rapporto “ IO parlo, Tu asclolti”. Nonostante l'annosità di questo modello, esso è tuttavia estremamente contemporaneo. La nostra cultura è oggi caratterizzata da un tipo di fruizione dell'informazione che limita fortemente l'uso del dialogo: le Tv e i mezzi di comunicazione di massa più “primitivi” associati a quelli di ultima generazione , se da una parte ci hanno permesso di far entrare il mondo in casa nostra dall'altro hanno contribuito alla nostra chiusura all'interno delle 4 mura domestiche.

L'esperienza al dialogo diretto e “degli occhi degli altri” ci fa sempre più paura poiché ad esse ci hanno disabituato , e sono riusciti a farci preferire stili comunicativi più facili,veloci e meno “imbarazzanti” che garantiscono al sistema un controllo totale e immediato.

Dopo questo brevissimo exploit , che ci ha fornito solo una piccolissima idea di quanto sia effettivamente complesso lo studio della storia del linguaggio, in quanto esso è influenzato da una serie infinita di variabili indotte e non, che più o meno consapevolmente ci inducono non solo a parlare ma anche a pensare in un certo modo piuttosto che in un altro, possiamo concludere dicendo che:

Le Parole sono tutto e sono niente, a volte è così facile pronunciarle e a volte non bastano a descrivere ciò che sentiamo. Ma sono ciò che rende possibile il rapporto fondamentale IO-TU da cui deriva non solo la creazione diretta della coscienza singola e personale di ogni individuo ma probabilmente, questa dicotomia è alla base dei processi filogenetici micro e macro: individuali , sociali, biologici.

Il fine ultimo di Foucault è l'analisi del linguaggio come elemento di libertà e nello stesso tempo di assoggettamento. Lungi dal voler sprofondare in un circolo vizioso che condurrebbe al solipsismo afasico, l'idea fondamentale è il ritorno alle cose stesse, alle parole stesse, al discorso stesso come elemento di crescita personale attraverso gli altri: l'unica cosa che ci rende umani nel nostro essere intimamente sociali.

CICORIA ANGELICA


Nessun commento:

Posta un commento